La sua è una corsa contro il tempo. Tanti anni di vita in strada non perdonano: le condizioni di salute di Sem, compromesse da tempo, nelle ultime settimane si sono aggravate. Dal letto dell’ospedale San Gerardo di Monza, dove il cinquantunenne senza fissa dimora di origini marocchine è ricoverato da più di un mese in cura per un ventaglio di patologie ormai più o meno croniche, ha espresso un ultimo desiderio: trascorrere i giorni che gli restano a Tunisi, dove lo aspettano un fratello e una sorella.
L’ha confessato ai volontari della Croce rossa che da anni si occupano di lui. Che da quando l’hanno trovato la prima volta, in una baracca sotto uno dei ponti di San Rocco, poco lontano dal depuratore, non l’hanno più lasciato solo. Ma come si fa a soddisfare l’ultimo desiderio di un invisibile, di una persona che per una decina di anni ha vissuto ai margini della società, sopravvivendo di espedienti, grazie al sostegno di qualche amico e alle attenzioni di Cri e City Angels? Come si esaudisce quello che probabilmente sarà l’ultimo desiderio di una persona che, per la burocrazia, non esiste?
«Si bussano porte, si fa la spola tra gli uffici del comune e della prefettura, si cerca di distruggere questo mostro a mille teste che è la burocrazia – racconta Orazio Nelson De Lutio, presidente del comitato di Monza della Croce Rossa Italiana – Mirella Riva, responsabile dell’unità infermieristica che si occupa dei servizi di strada, ha preso a cuore la vicenda e ha parlato per giorni con uffici e funzionari, a ogni livello. Grazie al suo impegno per Sem tra un paio di settimane potrebbe arrivare il lieto fine».
E se gli uffici comunali, come racconta la Cri, non sono stati molto propensi a esaudire l’ultimo desiderio di un moribondo, più disponibili sono stati il prefetto Giovanna Vilasi, i medici e il personale del San Gerardo e il consolato marocchino. Di cui, addirittura, un funzionario lunedì mattina è andato in ospedale, nella stanza dove Sem è ricoverato, per prendergli le impronte digitali: grazie a quelle, ora, gli uffici preposti riusciranno entro un paio di settimane ad approntare carta di identità e passaporto.
Perché, quanto a documenti, l’unica cosa che Sem possedeva era un vecchio estratto del suo certificato di nascita, conservato in uno zaino all’interno della sua baracca, sotto il ponte di viale Fermi. In Italia dal 1986, Sem per anni ha lavorato come piastrellista. Poi ha perso il lavoro e da allora è iniziata la sua vita di strada.
«Speriamo che il prefetto ci dia il permesso di farlo viaggiare su uno dei voli di rimpatrio. Altrimenti – ha concluso De Lutio – pagheremo noi il biglietto e lo accompagneremo all’aeroporto. In questi giorni stiamo contattando la Mezzaluna Rossa per organizzare il trasporto dall’aeroporto alla casa dei familiari».