I nomi dei luoghi e delle persone sono volutamente di fantasia. Ma le vicende narrate da Maurizio Zaninetti, classe 1958, da poco in pensione dopo aver lavorato come funzionario commerciale, nel libro “Uno di noi”, sono ispirate a fatti reali, vissuti in prima persona dagli abitanti del quartiere Cantalupo.
Che, nelle 195 pagine del volume edito da Albatros (euro 13,90), viene sempre indicato con il nome di La Roggia. Zaninetti, per il suo debutto da scrittore, ha scelto di condurre la trama su due binari paralleli: uno dedicato a Edo e alla signora Bonapina, sua madre adottiva. Nell’altro, invece, la storia di un rione popolare di Monza viene rivissuta attraverso ricordi, aneddoti, fatti turbolenti ed episodi ormai lontani nel tempo. Una coinvolgente carrellata che l’autore descrive con evidente rimpianto, anche perché in quegli anni l’ amicizia era un fattore davvero accomunante e non una questione che ora si liquida con una raffica di “like“ dispensati a sconosciuti.
Zaninetti, del resto, è un creativo con un’anima artistica: suona la chitarra, scrive testi di canzoni in italiano e in dialetto, e le interpreta insieme all’amico Marco Mauri. I due hanno dato vita al complesso i Quantrillo. L’idea di provare a cimentarsi in un’avventura editoriale gli è venuta d’estate, durante le vacanze all’Isola d’Elba.
«Ne ho accennato agli amici – precisa Zaninetti – e hanno apprezzato questa mia intenzione. Mi hanno perciò incoraggiato a proseguire. Diciamo che questo è un libro nato dal cuore. C’è un po’ di storia vissuta e un po’ di fantasia».
Zaninetti è il figlio di Giovanni Gaetano Zaninetti, nel 1970 fondatore insieme ad altri della ormai disciolta società calcistica Cantalupo. Un sodalizio che per tanti ragazzi del quartiere ha costituito per anni un importante punto di aggregazione.
«Leggendo il libro e ripensando a certi episodi descritti – riconosce l’amico Ermes Pozzi, classe 1948 – mi sono proprio ritrovato i quegli anni. In certi casi, mi sono addirittura commosso».
Il libro piacerà a chi ricorda l’atmosfera dei quartieri negli ultimi decenni del secolo scorso. Ci sarà anche chi, sotto i nomi di fantasia, riconoscerà magari gli ingombranti vicini di casa o i compagni di scorribande. Anche perché i ragazzi di quel periodo si divertivano con passatempi ormai scomparsi, come le cerbottane con le quali si tiravano i famigerati e pericolosi bussolotti.
Ma c’era anche chi si avventurava nel devastante tunnel dell’eroina, un tragitto in tanti casi rivelatosi senza ritorno. La Roggia di allora, ovviamente, non c’è più. Il quartiere ha conosciuto dapprima l’immigrazione proveniente dal Sud Italia e, in tempi più recenti, l’arrivo di persone da tutto il mondo.
Diversi campi spelacchiati sono stati “colonizzati” da altri edifici. «Le buche dell’Aral, campo di infinite battaglie con le cannette, i bussolotti – viene precisato nelle pagine conclusive – sono state sostituite da palazzine e da un piccolo campo di calcio, dove adesso assisti a mega sfide tra Ecuador e Perù, o tra Egitto e Marocco».