Monza: l’arte di Elend Zyma e il teatro dei Geniattori con i detenuti

Il 24 e il 28 maggio i due progetti realizzati all'interno della casa circondariale di via Sanquirico.
Un dettaglio di “Hanno detto che siete" di Elend Zyma
Un dettaglio di “Hanno detto che siete” di Elend Zyma

Il carcere di Monza apre le porte all’arte e al teatro. Si inizia il 24 maggio con la mostra realizzata dai detenuti insieme all’artista Elend Zyma, dal titolo (provocatorio) “Evasione”.

Alle 16.30, alla presenza dell’artista e del sindaco, Paolo Pilotto, saranno presentati i lavori realizzati dai detenuti che hanno dipinto emozioni e pensieri sulle lenzuola delle loro celle. «Da anni utilizzo le vecchie lenzuola come tela per le mie opere. E nessun lenzuolo più di quelli usati nelle celle, può raccontare ansie, paure, sogni e aspettative», racconta Zyma. La mostra sarà anche l’occasione per festeggiare i trent’anni di attività dell’associazione Carcere aperto.

Monza: dopo l’arte lo spettacolo “Senza parole” in carcere

Il 28 maggio sarà la volta del teatro, con la prima dello spettacolo realizzato dagli attori dell’associazione Geniattori, per la prima volta in scena con un gruppo di detenuti. «Lo scorso novembre abbiamo portato in carcere un nostro spettacolo – spiega Mauro Sironi, direttore artistico di Geniattori -. In quell’occasione la direttrice, Cosima Buccoliero, ci ha proposto di presentare un laboratorio teatrale aperto ai detenuti e così ad aprile abbiamo iniziato».

Due mesi soltanto non sarebbero bastati per mettere in scena un lavoro tradizionale e così è nato “Senza parole”: il racconto (muto) della giornata tipo dei detenuti, attraverso le emozioni che scandiscono i diversi momenti, dal mattino alla sera. «Lo spettacolo lo abbiamo ideato insieme ai detenuti, con l’aiuto di Paolo Piffer che è educatore in carcere. Non abbiamo inserito battute visti i tempi stretti, ma l’uso di rumori fatti dagli attori in scena e musica rendono lo spettacolo comunque coinvolgente». Il laboratorio di Geniattori dentro il carcere continuerà anche dopo la messa in scena. «Ci piacerebbe poi affinare il lavoro e riuscire a portarlo in un teatro vero, fuori dal carcere», conclude Sironi.