Lo scorso aprile una terracotta smaltata realizzata da Lucio Fontana nel 1938, un cervo grande 45 per 30 centimetri, è stato battuto all’asta da Sotheby’s a 254mila euro contro una stima iniziale di 100-150mila.
Resta solo da immaginare a quanto sarebbe potuto arrivare il “Delfino” che invece tornerà presto nella piscina dello Sporting club: una scultura a sua volta di terracotta grande 320 per 140 centimetri: insomma, quasi dieci volte tanto. Certo è un’opera successiva (1951) e sono passati alcuni anni dalla data dell’asta in cui sarebbe stata messa in vendita, ma forse quella stima iniziale in catalogo di 400-500mila euro era decisamente bassa. Non si saprà mai, in ogni caso, a quanto sarebbe potuta arrivare: a quell’asta, prevista il 30 novembre del 2016 alla InnAuction di Innsbruck, in Austria, non è mai stata battuta. Per uno stop della Soprintendenza di Milano.
Monza, il Delfino di Fontana torna allo Sporting: la parola fine dopo quasi 10 anni
A mettere la parola fine dopo quasi dieci anni alla volontà dell’Immobiliare Sporting club Monza spa, la proprietà di Villa Tagliabue – cosa diversa dall’associazione che gestisce lo Sporting – ci ha pensato il Consiglio di Stato, che chiude la partita: il delfino commissionato direttamente a Fontana dal petroliere Ettore Tagliabue in concomitanza con la creazione della piscina, deve tornare nelle sue acque.
A nulla sono valsi i ricorsi prima al Tar e poi al Consiglio di Stato degli avvocati dell’immobiliare: i giudici hanno sistematicamente dato ragione alla Soprintendenza di Verona, a quella di Milano, al ministero della cultura e al segretariato regionale del ministero stesso che hanno contestato la rimozione della scultura dalla sua collocazione. “L’opera era stata messa in vendita per ragioni di bilancio – osserva Bruno Santamaria, uno dei legali che hanno difeso l’immobiliare monzese – ma i tribunali hanno deciso che è parte integrante della piscina e quindi è vincolata. Nonostante Verona, a dire il vero, avesse chiesto il parere a un ente di Roma specializzato e avesse ottenuto il sì”.
Monza, il Delfino di Fontana torna allo Sporting, cosa dice il Consiglio di Stato
Non così per Milano, che aveva contestato il via libera di Verona all’uscita dall’Italia dell’opera, seguito dalla sospensione scaligera del nulla osta in autotutela: dopo il Tar anche il Consiglio di Stato ha ritenuto che vada applicata la norma che vieta in mancanza di autorizzazione il distacco di “affreschi, stemmi, graffiti, lapidi, iscrizioni, tabernacoli e altri elementi decorativi di edifici, esposti e non alla pubblica vista”. I giudici hanno portato a sostegno dell’unitarietà del progetto della piscina firmato da Giulio Minoletti con la scultura di Fontana anche l’ampia pubblicistica dell’epoca e hanno ritenuto che “l’organizzazione degli annessi di Villa Tagliabue manifestano un mecenatismo caratteristico degli industriali del secondo dopoguerra ed esprimono le relazioni intercorrenti tra vari settori della società”. E ancora: il consiglio ha confermato la valutazione del Tar riguardo “la fortuna critica della piscina e del suo apparato decorativo, quale esemplificazione del gusto e dello stile di vita degli imprenditori italiani protagonisti del boom economico”.
La scultura, oggi in un deposito, tornerà al suo posto: prima di maggio, fanno sapere dallo Sporting, quando viene riempita la piscina. “Da monzese mi chiedo se sia giusto che un’opera simile debba tornare nel cloro e in uno spazio dove giocano i bambini”, conclude Santamaria. La sentenza, però, è tombale.