Da quella posizione privilegiata, affacciata su piazza Roma, l’arengario e la fontana delle rane, ha visto trascorrere più di un secolo di storia di Monza. La farmacia Duse, un tempo “Reale farmacia Duse” compie cent’anni, ma la presenza di una farmacia tra quelle mura storiche è anche più antica.
«Non ho purtroppo documenti in mio possesso- spiega Emanuele Duse, 59 anni, attuale titolare noto a Monza anche per la sua attività di mago e presidente della onlus “Ti do una mano”- ma quando mio nonno Celso l’acquistò, esisteva già da tempo una farmacia, probabilmente dalla metà del 1800».
Tra i ricordi di famiglia, conservati in scatoloni al piano interrato spunta una foto in bianco e nero che ritrae, nel 1924, il generale Nobile, alcuni gerarchi fascisti e il podestà di Monza Vigoni, passare in auto davanti all’insegna che allora recitava “Reale farmacia Duse”.
«Alle finestre del primo piano c’era l’abitazione dei miei nonni – spiega il titolare- Si intravedono a una finestra, mentre nell’altra c’è mio papà Antonio di un anno, in braccio a qualcuno».
Storie di famiglia che si intrecciano a quelle della città, perché davanti a quelle vetrine sono passati i signori eleganti di Monza quando era la capitale del cappello, le prime auto, la festa della Liberazione del secondo dopoguerra, le manifestazioni studentesche del ’68, tanti giovedì di grande lavoro in concomitanza con il mercato.
Gli aneddoti in cento anni di storia non mancano, a partire dall’insegna in ferro battuto che testimonia come la farmacia fosse fornitrice della Reale Casa: «Arrivavano i messi dalla Villa reale per acquistare farmaci, ma dopo il referendum del 1946 fu chiesto a mio nonno di toglierla e sostituirla perché quel “reale” stonava».
Della farmacia di cento anni fa resta anche un elegante scrittoio in noce sul retro, con la sua seggiola: «Lo ricordo da bambino all’ingresso della farmacia: era il posto di mio nonno che era un’istituzione, come erano allora il medico, il prete, il maestro. Da lì accoglieva i clienti e dispensava consigli».
Il laboratorio di preparazioni ha ancora sulle mensole le bilancine, i vasi in ceramica di cremor tartaro, mel rosatum e i vasi blu cobalto con le etichette scritte a inchiostro marrone. «Qui ho i miei ricordi d’infanzia- confida Duse- quando da ragazzino mi davano il compito di togliere supposte ed ovuli dagli stampi e riporli in un vaso di vetro».
Con un nonno e un padre farmacista la sua è stata una scelta obbligata: «I miei figli fanno altro- confida- e ne sono contento perché la professione è cambiata e ora siamo sommersi dalla burocrazia».