“Saluti scarponi”. Scrivevano così dal fronte, sulle lettere e sulle cartoline che inviavano agli amici e ai parenti rimasti a casa, firmandosi, alle volte, anche come “Amici scarponi monzesi”. Loro gli scarponi li indossavano sempre, la montagna era il loro ambiente. Erano gli alpini e si chiamavano così, scherzando sulle scarpe pesanti che facevano parte della loro divisa.
C’è uno scatolone pieno di cartoline militari nella sede delle associazioni combattentistiche e d’arma di corso Milano, civico 39. Buona parte del primo piano di Villa Pagnoni è stata utilizzata, fin dagli anni del dopoguerra, dalla sezione di Monza dell’Associazione nazionale degli alpini. Sulle pareti fotografie ripercorrono una storia lunga quasi un secolo. Era il 1919 e le armi, finalmente, hanno smesso di tuonare: a Milano un gruppo di reduci decide di creare l’Associazione nazionale alpini, per radunare quanti avessero combattuto nelle truppe da montagna.
A Monza questa volontà si concretizza nel 1929: Gaetano Antonietti, Aldo Varenna, Eraldo Canesi, Enrico Tronconi, Pino Penati, Paolo Bonati e Valtorta fondano sezione Ana di Monza. Per associarsi sono sufficienti 20 lire. Il gruppo cresce, partecipa ai raduni organizzati annualmente per tutto lo stivale e all’approssimarsi della guerra offre sostegno ai richiamati alle armi e alle loro famiglie. Nomi importanti accompagnano la sua storia. Quello del capitano Aldo Varenna, protagonista sul fronte dell’Adamello nella guerra del ’15-’18. Don Giuseppe Baraggia, cappellano degli alpini, maestro di musica, organista e amante degli animali a tal punto da fondare nel 1940 la “Delegazione Comunale di Monza dell’Ente Nazionale Protezione Animali”. Giovanni Battista Stucchi, inviato nel 1941 e 1942 come ufficiale degli alpini in Russia. Walter Bonatti, che, prima di scalare il K2, venne assegnato al 6° reggimento alpini. «Monza è una città di pianura, è vero – commenta il vicepresidente vicario Diego Pellaccini – ma ha sempre avuto un gran numero di appassionati di montagna, che ha scelto di prestare il servizio militare nelle truppe alpine».
Storicamente (ed economicamente) il legame della città con queste armate è stato rafforzato anche dal fatto che qui sorgeva uno dei pochi cappellifici civili coinvolto, dal 1911 al 1918, nelle forniture militari a livello nazionale: il Cappellificio Monzese (la cui sede, restaurata, ospita le poste centrali) ha prodotto centinaia di migliaia di cappelli in feltro e di lana merinos – un appalto ottenuto in esclusiva anche durante gli anni del secondo conflitto mondiale. E se si vuole parlare di guerra con qualcuno l’ha vissuta in prima persona, ebbene, la sezione di Monza ha la fortuna di vantare ancora tra i suoi soci alcuni reduci, come Cornelio Menoncin, classe 1920, che durante la ritirata di Russia nel gennaio 1943 si è ritrovato faccia a faccia con un carro armato nemico. Giovanbattista Del Zotto, invece, è riuscito a sopravvivere ai 46 mesi di prigionia nelle steppe russe, patendo la fame e il freddo, vivendo di espedienti. Assieme ai reduci, a piedi dalla Russia, è arrivato anche un cammello: dopo aver trascorso qualche tempo a Monza, ha concluso la sua vita allo zoo di Milano.