Il corpo di Polizia penitenziaria compie duecento anni. Anche la casa circondariale di Monza ha festeggiato l’anniversario con una cerimonia ufficiale che si è svolta nei giorni scorsi nel cortile esterno del carcere alla presenza del Prefetto di Monza, Giovanna Vilasi, il provveditore regionale alle carceri, Luigi Pagano, il direttore dell’istituto di via Sanquirico, Maria Pitaniello, il sindaco Dario Allevi e i vertici della Polizia penitenziaria che opera nel carcere cittadino.
Una festa che è stata l’occasione, ancora una volta, per puntare i riflettori sul complesso lavoro che sono chiamati oggi a svolgere i poliziotti che operano all’interno del carcere e alla situazione critica che sta soffrendo la struttura cittadina.
Il sovraffollamento e la carenza di organico sono le problematiche più attuali anche nella casa circondariale di Monza, dove la situazione è difficile e complessa.
«Negli anni il nostro lavoro si è sempre più specializzato – ha spiegato il comandante di reparto della Polizia penitenziaria di Monza, Marco Casella – svolgiamo un servizio nascosto, dietro le mura in cemento armato, garantendo la sicurezza dei cittadini e delle persone che sono affidate al nostro controllo. Quotidianamente ci confrontiamo con le sofferenze dei detenuti, siamo per loro il primo interlocutore».
Ed è stato proprio il comandante Casella a raccontare, attraverso i numeri relativi allo scorso anno, il lavoro svolto dai poliziotti del carcere: 1.146 immatricolazioni in ingresso di nuovi detenuti, 1.081 dimissioni, 297 condotti ai domiciliari, 72 detenuti scarcerati per misure alternative, 3 in semilibertà e 19 impiegati in lavori esterni. Oltre 20.000 i colloqui con i famigliari, 28 i piantonamenti in strutture sanitarie, 1.330 le traduzioni nelle aule di giustizia o in altre carceri.
Una novità di questi anni è l’impegno nella lotta al proselitismo islamico nelle celle. Nel 2016 sono stati dieci i detenuti ritenuti soggetti pericolosi. L’ultimo invece è un egiziano di 36 anni, già in carcere a Monza anche per stalking verso la moglie, ritenuto vicino a un foreign fighter marocchino ricercato per terrorismo e condannato a 8 anni dal tribunale di Milano in aprile, con cui avrebbe avuto contatti su facebook. È stato espulso subito dopo la scarcercazione con provvedimento firmato dal ministro dell’Interno, Marco Minniti. È l’ottantesima del 2017.
Tantissimi poi gli interventi tempestivi per sedare risse e salvare detenuti intenzionati a togliersi la vita e altrettanto numerose le segnalazioni che hanno permesso di sventare traffici di droga portata all’interno dell’istituto dai famigliari dei detenuti. E proprio agli agenti che si sono distinti in particolari operazioni all’interno dell’istituto in questi anni è andato il riconoscimento ufficiale e l’encomio per il lavoro svolto.
«Molte altre candidature sono state avanzate alla direzione per altrettanti agenti che hanno dimostrato coraggio e senso del lavoro, e per i quali stiamo valutando la possibilità di consegnare altri riconoscimenti», ha aggiunto il direttore Pitaniello. A chiudere la cerimonia è stato il cappellano, don Augusto Panzeri: «Chiedo al Ministero e allo Stato maggiore cura per il lavoro svolto dalla Polizia penitenziaria»