Meno stranieri, più italiani: dal 2008 a oggi la povertà a Monza e in Brianza ha cambiato volto. Una sorta di omogeneizzazione delle difficoltà, tra poveri e impoveriti, che ha fatto lievitare il numero degli italiani che si rivolgono ai centri Caritas del territorio, dal 2008 al 2014 aumentati del 64,7%. Nello stesso periodo gli stranieri sono diminuiti del 17,3%, pur rimanendo la fetta più consistente dell’utenza. I dati, distinti per zone pastorali, arrivano dall’Osservatorio diocesano delle povertà e delle risorse di Caritas Ambrosiana. L’indagine è stata condotta nella zona pastorale di Monza (la quinta, che comprende otto decanati: Monza, Desio, Lissone, Seregno, Carate Brianza, Seveso, Cantù e Vimercate, ndr) su un campione di 1.902 utenti, 7.250 richieste, in 7 centri di ascolto.
Un dato, quello emerso dal quattordicesimo Rapporto sulle povertà nella Diocesi di Milano che, di fatto, da un paio d’anni a questa parte, torna costantemente in tutte le relazioni annuali di caritative e associazioni di volontariato impegnate sul territorio, sul fronte di una quotidianità fatta di contatti diretti con chi chiede assistenza in diverse forme. Secondo la ricerca, gli italiani che sono stati costretti a ricorrere all’assistenza di Caritas nel 2014 sono il 38,7%, mentre gli stranieri arrivano al 60,8%. Gli immigrati continuano, dunque, a rappresentare la maggioranza degli utenti dei servizi erogati dalle caritative ma di fatto, negli anni della crisi, il loro numero si è progressivamente ridotto. E oggi il quadro mostra un cambiamento netto nei soggetti che si rivolgono alla rete degli aiuti, segnato dall’incremento degli italiani.
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In generale, in 7 anni, le persone residenti in Brianza che hanno chiesto sussidi economici sono più che quintuplicate (più 415%). Più 192,8% quelle che hanno sollecitato prestazioni professionali. Incrementi anche per le persone che hanno manifestato bisogni connessi al reddito (più 80,9%). Stabile il dato relativo ai bisogni di occupazione, mentre sono in crescita le persone con problemi abitativi (più 17,9%). E in questa direzione gli italiani spesso sono i cosiddetti “nuovi vulnerabili”: non si tratta di persone ai margini, ma di soggetti che lo diventano, o rischiano di diventarlo, nella crisi, per la perdita dell’occupazione o per una malattia, oppure una separazione. Ormai i brianzoli, che per qualche anno sono stati “new entry”, ora sono in crescita, e spesso sono persone che non si sarebbero mai sognate di bussare alle porte delle caritative ma che, spinte dalla necessità, oggi vengono allo scoperto. Le persone che si sono rivolte ai centri di ascolto della zona quinta hanno chiesto lavoro, beni materiali e servizi. La crisi odierna ha così obbligato la rete di assistenza del volontariato ad affrontare problematiche di vario genere per contrastare forme di povertà sino a qualche anno fa sconosciute. La stessa Fondazione della comunità di Monza e Brianza ha destinato di recente bandi consistenti alla marginalità sociale. I volontari hanno risposto in tal senso con la consueta generosità, e intraprendenza, formulando risposte a urgenze abitative temporanee, pagamenti di utenze o altre fragilità. Ma mentre nel periodo considerato (2008-2014) chi chiede beni materiali e servizi è andato crescendo, con un aumento nel 2014 di oltre il 130%, per quanto riguarda le richieste di lavoro si assiste a un segnale di ripresa, con un calo del 40,6%, nel 2014, rispetto al 2008.
Tuttavia la necessità più evidente delle famiglie che si rivolgono a Caritas resta comunque quella del cibo. Il numero degli interventi messi in atto registra un’impennata per le attività di distribuzione dei beni alimentari, aumentate nel 2014 del 660,0% rispetto al 2008. L’emergenza cibo si è ormai cronicizzata negli ultimi anni, tanto che molte caritative, e lo stesso Banco alimentare che coordina la distribuzione degli alimenti recuperati, hanno dovuto dar vita a raccolte straordinarie per far fronte all’elevata richiesta di aiuti. Oggi la consegna del pacco alimentare è divenuta routine, ma il cibo in realtà è il mezzo, non il fine. Prima chi aveva bisogno ritirava il pacco anonimamente, ora ci sono colloqui individuali o i volontari vanno in famiglia per capire i bisogni in profondità. In crescita pure la distribuzione di vestiario (più 60,4%). I dati monzesi, rimarcano da Caritas, sono comunque in linea con quelli registrati anche nelle altre zone pastorali diocesane. E la riduzione degli stranieri viene spiegata da Caritas Ambrosiana solo in parte con la decisione dei migranti di rientrare nel paese d’origine. La diminuzione, per gli operatori, è anche dovuta alla capacità degli stranieri, specie dall’Est-Europa, di aiutarsi tra loro o cercare sostegno fuori dai circuiti Caritas.
Mentre per gli italiani accade il contrario: si accede prima alla rete familiare e spesso solo quando la situazione è molto critica, a fatica, ci si rivolge alla rete del territorio. La morsa della crisi ha spinto molti a superare ogni ritrosia.n