Non tenete aperto quel sottopasso. Di più: «Chiudetelo. Impedite ogni forma di accesso. Muratelo, se necessario». Dell’appello, condiviso da alcuni dei commercianti del primo tratto di corso Milano, si fa portavoce Andrea Carpani, dello storico calzaturificio Cereda.
«Per lo più non viene utilizzato: le persone preferiscono attraversare in superficie, facendo lo slalom tra le auto incolonnate». Perché il tunnel pedonale a ridosso di largo Mazzini ha perso ormai da tempo la sua funzione originaria, trasformandosi in una sorta di terra di nessuno dove lo spaccio e il consumo di sostanze stupefacenti sono all’ordine del giorno. «Per forza succede così – commentano dalla strada – Le forze dell’ordine effettuano passaggi in superficie: via Arosio e i giardini della stazione, corso Milano e via Italia, con il suo presidio fisso. Ma sotto nessuno passa a controllare ed è proprio lì che ci si va a nascondere». Lì e negli androni dei palazzi del tratto iniziale di via Cavour, come il Cittadino ha avuto modo di raccontare nelle scorse settimane.
Le prime segnalazioni inviate alla redazione relative al sottopasso risalgono a qualche tempo fa, quando un altro dei commercianti, pur di evitare ai suoi clienti l’incomodo percorrerlo, aveva iniziato a consegnare personalmente i suoi prodotti dall’altra parte della strada.
La situazione ora sembra essere peggiorata: complice anche «la zona rossa dell’ultimo periodo – ha aggiunto Carpani – che ha fatto sì che i veri padroni della zona fossero gli sbandati».
Oltretutto: sempre i soliti. Che aggiungono di volta in volta carichi da novanta: prima era l’accordarsi sulla dose, mentre il suo consumo avveniva altrove, ora è uno spaccio fast food dove all’acquisto si accompagna il consumo in loco – ed è sempre più spesso di droghe pesanti, con il buco in vena in pieno giorno. «Non che in superficie la situazione sia delle migliori – prosegue Carpani – perché le risse si contano all’ordine del giorno. Forse la più eclatante dell’ultimo periodo è quella che è andata in scena il sabato prima di Pasqua, con una vera e propria sassaiola di bottiglie che dai giardini della stazione ha attraversato la strada per arrivare a ridosso delle attività commerciali». L’amarezza e lo sconforto si mescolano alla disillusione: «Qui non cambia mai nulla: da questi problemi sembra impossibile riuscire a uscirne, mentre noi ci diamo da fare al massimo per tutelare la nostra clientela».
Un paio di mesi fa Cereda Calzature aveva deciso di chiudere l’outlet che aveva sede nella vicina via Cavour: le condizioni della strada, avevano spiegato, erano diventate insostenibili. E proprio sul degrado di via Cavour è tornato nei giorni scorsi a puntare l’attenzione anche uno dei suoi storici residenti, da anni impegnato «in battaglie contro i mulini a vento». Sulle condizioni di degrado triangolo costituito da via Gramsci, via Cavour e dal primo tratto di corso Milano nulla hanno ancora potuto anni di esposti, raccolte di firme, progetti presentati alle diverse amministrazioni dai privati, dai professionisti e dai residenti che vivono e lavorano in zona.
«Almeno chiudere quel sottopasso, come già è stato reso inaccessibile quello che, poco distante, collega corso Milano ai giardini della stazione – è la conclusione – potrebbe rappresentare un passo in avanti».