«Se devo tornare ad operare come vent’anni fa, rinuncio, vado in pensione». Già le nuove metodologie, più veloci ed efficienti costano e rischiano di essere tagliate per ragioni di budget. E’ molto preoccupato Roberto Brambilla, 59 anni, medico chirurgo responsabile del centro di vulnologia degli Istituti clinici Zucchi. E non solo per la mortificazione personale che sta subendo dal punto di vista professionale ma anche e soprattutto per il futuro peggiore che toccherà ai “suoi” pazienti. Che sono un esercito: ogni anno oltre 50mila persone.
Si tratta di anziani nella gran parte, persone fragili, che per malattia o in seguito ad accidenti vari hanno una piaga, dal latino “vulnus”, ferita. Ma non una ferita normale, bensì come si usa nel gergo medico, una ferita difficile, cioè una lesione che fa fatica a guarire.
E il centro monzese rappresenta un’eccellenza,proprio per i casi più difficili, secondo il dottore, che insegna anche in Università degli studi a Milano alla scuola di specializzazione in chirurgia plastica e in diversi master. “La medicina ha fatto passi da gigante nel settore. negli ultimi vent’anni sono state realizzate le medicazioni biointerattive, ovvero l’applicazione di una pelle artificiale sull’ulcera”. Diverse le metodologie di medicina rigenerativa: implica interventi più veloci, placa il dolore, cura la ferita . Il centro Zucchi di Monza è unico in Lombardia.
Eppure tutto questo è a rischio…«Vede, questi materiali che usiamo, all’avanguardia perchè funzionano e tolgono il dolore, sono costosi. Dal 2014 la regione ha applicato un taglio lineare del 40%, io non so se stiamo più dentro i costi». L’azienda per ora non gli ha dato ultimatum, ma ha annunciato che «bisognerà fare i conti». Il guaio consiste nel fatto che per questi pazienti i centri alternativi stanno lontano: Pecetto Torinese, Lucca, Roma. Ve lo vedete un ottantenne acciaccato che va fin là? A meno che si affidi alle cure tradizionali….