Momenti di grande emozione sabato 26 gennaio a Seregno, dove alla vigilia della Giornata della memoria delle vittime dell’Olocausto, per iniziativa del neonato Comitato per le Pietre d’inciampo di Monza e Brianza, sono state collocate alla Ca’ Bianca di via Trabattoni cinque Pietre d’inciampo in memoria dei coniugi Giuseppe Gani e Speranza Zaccar e dei loro figli Regina, Ester ed Alberto Gani, che lì erano riparati da Milano durante gli anni bui della Seconda guerra mondiale e che lì furono catturati dai nazifascisti, prima di essere trasferiti ad Auschwitz, dove i genitori ed Alberto furono immediatamente inviati alle camere a gas, mentre di Regina ed Ester si sono perse in seguito le tracce a Bergen Belsen.
La cerimonia è stata aperta dall’ammainabandiera di fronte alla sede municipale di via Umberto I, punto di partenza poi di un corteo che, scortato dall’Accademia filarmonica Città di Seregno, ha raggiunto la Ca’ Bianca. Qui, dopo un assolo al violino dal celebre film “Schindler’s list” di Valentina Villa ed alcune letture da parte di componenti di Cartanima Teatro, l’artista tedesco Gunter Demnig ha provveduto alla collocazione materiale delle pietre, che sulla superficie in ottone smaltato riportano i dati anagrafici e le date della deportazione e delle morti dei Gani, con le scritte rivolte per scelta verso il centro storico, affinché chi viaggia in direzione del cuore della città porti con sé i valori alla base del no ai totalitarismi.
«Seregno è stata proclamata città 40 anni fa esatti -ha spiegato il sindaco Alberto Rossi- e manifestazione migliore per sottolineare questa ricorrenza non avrebbe potuto esserci. È bello festeggiare come città aprendoci al futuro, ma facendo memoria del passato». Nel novero degli interventi successivi, oltre tra gli altri a quelli del giovane studente Mattia Landonio, che sui Gani ha compiuto una ricerca, di Milena Bracesco e Fabio Lopez, rispettivamente presidente e vicepresidente del Comitato per le Pietre d’inciampo di Monza e Brianza, e di Gian Guido Piazza, docente del liceo Manzoni di Milano, dove Regina Gani ha studiato prima di essere espulsa in quanto ebrea e dove oggi la biblioteca porta il suo nome, ha spiccato quello di Pietro Arienti, lo storico seregnese che sul finire degli anni novanta scoprì con una sua ricerca la vicenda triste dei Gani.
Dopo averla ripercorsa, Arienti ha invitato il pubblico, in particolare i giovani, ad approfondire «la storia nella sua crudeltà», perché il pugno nello stomaco che si riceve crea le difese contro una possibile ripetizione di quel che è accaduto. Al termine, negli spazi del museo Vignoli di via De Nova, è stata inaugurata la mostra “Indifferenza. Importante è tornare a credere che sia possibile fare la differenza”, che vede protagonista il gruppo Giovani Pittori Crescono e che è stata curata dall’Istituto scolastico Levi. Le visite saranno possibili fino a domenica 3 febbraio.