È stato accusato di aver tentato di incassare un assegno risultato rubato a Lissone nel 2010 e per questo A.Z. è finito a processo a Monza per ricettazione. Giovedì è stato assolto. A testimoniare a suo favore un amico di infanzia portato in aula da due guardie penitenziarie in quanto detenuto. A lui l’imputato si era rivolto per cambiare quell’assegno da 1.440 euro: «che mi aveva detto di aver ricevuto come compenso da una persona alla quale aveva sgomberato la cantina» dice al giudice.
L’imputato il teste lo ricorda sì come un amico, ma anche un po’ “furbetto”, soprattutto a proposito di soldi. Tuttavia accetta di versare l’assegno sul suo conto corrente in una banca di Cinisello Balsamo: «perché lui non aveva un conto proprio» e di prelevare poi il contante che gli avrebbe in seguito restituito. Dice di non sapere della provenienza illecita dell’assegno. Ma che dell’amico non si fidi poi più di tanto lo dimostra il fatto che aggiunge di essersi fatto consegnare l’assegno: «sotto la telecamera della banca». Come dire: non si sa mai.
Ma l’operazione non va a buon fine: «Entrato in banca con l’assegno, l’ho versato ma poi non ho potuto subito dare i soldi al mio amico perché sul conto non ne avevo la disponibilità» continua. Trascorsi 15 giorni, poi, l’istituto gli fa sapere che quell’assegno non era incassabile perchè rubato. «Mi hanno convocato al commissariato di polizia per chiedere spiegazioni» e lui gli ha fatto il nome dell’amico, l’imputato. Il quale, a sua volta, ha confermato ai poliziotti di non sapere della provenienza illecita dell’assegno. A fronte della richiesta dell’accusa, 6 mesi di reclusione e 300 euro di multa, il giudice ha deciso per l’assoluzione.