Il Corberi di Limbiate (in foto), uno degli ultimi manicomi d’Italia, l’unico della regione Lombardia, ha i giorni contati. L’Asl di Monza e Brianza, che se l’è trovato on eredità dall’ospedale di Garbagnate nel 2009, ha già cominciato a metterci mano. Ad aprile un gruppo di esperti presenterà la relazione finale che sancirà la trasformazione: da un mondo chiuso, e del tutto anomalo rispetto al sistema sanitario lombardo, diventerà una cittadella della fragilità, dedicata a vari tipi di disabilità, con tanto di accreditamento, e aperta al futuro.
Al momento, la struttura, collocata in un bellissimo parco, ospita 138 persone (di cui due minori) e 22 in regime semiresidenziale. In gran parte si tratta di persone entrate nell’ex manicomio Antonini quando erano piccoli e cresciute all’interno del manicomio. A tutte viene assicurata la migliore assistenza possibile, dal punto di vista sanitario, socio sanitario e assistenziale. Vivono quasi sempre reclusi, ad eccezione delle vacanze al mare che assicura loro l’Asl, e in pochi ricevono visite dai parenti.
Vengono accuditi da 150 operatori, tra cui pochi medici, molti infermieri, ausiliari della sanità e alcuni educatori. A questi addetti vanno aggiunte altre 60 persone che si occupano della lavanderia, della pulizia delle mensa e dei servizi vari, dell’amministrazione e dei servizi vari. Il costo è elevato: ogni paziente costa circa 300 euro al giorno, ed è completamente a carico del servizio sanitario.
A fine anno l’Asl si trova ad avere sborsato più di 13 milioni di euro. Un’anomalia dal punto di vista economico, dal momento che gli ospiti, pur ricevendo una invalidità, non partecipano in alcun modo alle spese. La somma viene incamerata dai famigliari o dall’amministratore che fa da tutor. L’assistenza data dalla struttura arriva a coprire vestiario, parrucchiere e pure le sigarette.
“Lì il tempo si è fermato –dice Matteo Stocco- direttore generale dell’Asl Mb. Noi ci siamo trovati davanti a un bivio: o scegliere di aspettare l’esaurimento per anzianità degli ospiti, oppure riqualificare la struttura secondo le caratteristiche degli ospiti e secondo le richieste del territorio. Ci sono almeno una settantina di persone al Corberi che troverebbero più appropriata collocazione in una rsa piuttosto che in una comunità psichiatrica di alta assistenza. Il futuro verso cui stiamo indirizzando la struttura è quello di una cittadella della fragilità, che possa prendersi carico di persone portatrici di disabilità psichiche o di altre specifiche fragilità, con un’offerta più ampia di quella finora erogata”.
A tal fine è stato costituito un gruppo di approfondimento tecnico formato da esperti della materia: ne fanno parte la professoressa Francesca Neri, capodipartimento della Psichiatria del San Gerardo, per l’università Milano Bicocca, il suo collega Cesare Maria Cornaggia; per il Ce. Dis. Ma il sociologo Vittore Mariani; per villa San Benedetto Menni, di Lecco, i dottori Maario Sesana e Gianpaolo Perna, per la Fondazione Maddalena Grassi i dottori Angelo Mainini e Angelo Covini; per As. Fra, Francesco Mosca; per gli istituti clinici Zucchi il dottor Gianluigi Mansi.
Ed ecco le linee guida che confluiranno in un progetto finale, ad aprile, da presentare al Pirellone: al Corberi dovranno trovare posto: una struttura per gravemente disabili ridimensionata rispetto all’attuale, che accoglierà un gruppo consistente degli attuali ospiti, ma che si caratterizza per il futuro per la capacità di accogliere disabili con particolari livelli di gravità; una rsa per portatori di gravi cronicità o disabilità psichiche (da sottolineare che venti degli attuali ospiti del Corberi sono ultra 65enni), capace di accogliere anche tutti i pazienti psichiatrici anziani che sono al momento ospitati in strutture fuori regione.
E ancora: il Corberi dovrà essere in grado di ospitare pazienti psichiatrici minori e giovani adulti, per accogliere le situazioni difficili di pazienti psichiatrici nella fase difficile di passaggio all’età adulta; la struttura dovrà farsi carico di minori disabili gravissimi, che al momento in tutta la regione dispongono di sole due strutture. “Vogliamo venire incontro al bisogno del territorio, offrendo lì quei servizi di cui al momento si è carenti –dice Stocco- e contemporaneamente fare in modo che persone che non hanno alcun bisogno di ospedalizzazione vadano a stare meglio in case di riposo. Il tutto ci permetterà inoltre di sanare un’anomalia (l’assenza di alcun tipo di accreditamento) portando dei risparmi notevoli di denaro pubblico”.
E sul fronte risparmi l’Asl ha già ottenuto dei risultati. “Abbiamo visto uno scarto notevole –spiega Stocco – tra il reale fabbisogno degli ospiti e i quantitativi di derrate acquistate: per il 2015-2016 si vanno a risparmiare circa 150mila euro. Altri minori costi ci saranno sul servizio di trasporto (14mila) e sulle pulizie (8.600). Quel che mi preme sottolineare è che andiamo a smantellare una situazione cristallizzata, troppo costosa per la collettività e chiusa in se stessa, per darle un futuro nel pieno inserimento del sistema sanitario lombardo”.