Leucemia, collaborazione tra Monza e Stanford per prevedere il rischio di ricadute dei pazienti

Nuove particolari caratteristiche delle cellule tumorali, che possono far prevedere il rischio di ricaduta dei pazienti con leucemia linfoblastica acuta. È il risultato di una collaborazione tra il Centro di ricerca Matilde Tettamanti, che affianca la Clinica pediatrica di Monza, e l’università di Stanford pubblicata il 5 marzo sulla rivista scientifica Nature Medicine.
I ricercatori che hanno lavorato allo studio pubblicato da Nature Medicine: Jolanda Sarno è la seconda da destra
I ricercatori che hanno lavorato allo studio pubblicato da Nature Medicine: Jolanda Sarno è la seconda da destra

Nuove particolari caratteristiche delle cellule tumorali, che possono far prevedere il rischio di ricaduta dei pazienti con leucemia linfoblastica acuta. È il risultato di una collaborazione tra il Centro di ricerca Matilde Tettamanti, che affianca la Clinica pediatrica di Monza, e l’università di Stanford pubblicata il 5 marzo sulla rivista scientifica Nature Medicine.

I ricercatori hanno scoperto che è possibile prevedere fin dalla diagnosi se i pazienti colpiti da leucemia linfoblastica acuta di tipo B (B-LLA) avranno maggiori probabilità di ricaduta dopo i trattamenti. I ricercatori hanno osservato che alcune particolari caratteristiche funzionali della cellula tumorale, associate alla ricaduta di questa malattia, sono già presenti al momento della diagnosi. Finora occorreva aspettare la risposta al trattamento e la verifica molecolare della cosiddetta “malattia residua minima”, per stabilire l’eventuale rischio di ricaduta. Questa analisi, se confermata in un numero maggiore di pazienti, permetterebbe di guadagnare tempo prezioso nelle terapie.

Lo studio è stato sostenuto anche da AIRC con il contributo della Fondazione ‘Benedetta è la Vita’ Onlus.

“Nel nostro studio – commenta Jolanda Sarno, primo autore insieme a Zinaida Good – abbiamo utilizzato una tecnologia innovativa, la citometria di massa, in grado di individuare, quantificare e analizzare contemporaneamente decine di parametri biologici e funzionali in ogni singola cellula. Le cellule leucemiche di B-LLA alla diagnosi sono state confrontate con la loro controparte sana mediante un programma bioinformatico al fine di individuare i profili più caratteristici delle cellule leucemiche. I profili ottenuti sono poi stati confrontanti nei pazienti ricaduti rispetto a quelli in remissione (non ricaduti), ed utilizzando un approccio di “machine learning” sono state identificate le caratteristiche funzionali predittive della ricaduta”.

Sarno è una giovane ricercatrice che ha conseguito la laurea all’Università Milano Bicocca, si è formata al Centro di ricerca monzese Matilde Tettamanti e attualmente sta lavorando all’Università di Stanford grazie a una borsa di studio AIRC per l’estero.

Il gruppo dei ricercatori è composto, tra gli altri, da Garry Nolan, massimo esperto internazionale di citometria di massa, e Kara Davis, assistant professor e medico dell’ospedale di Stanford, che ha supervisionato il lavoro e con cui il team italiano ha condiviso il disegno dello studio.

“Sin dalla fine degli anni ’90, grazie al contributo di AIRC e del Comitato Maria Letizia Verga la clinica pediatrica della Fondazione Monza e Brianza per il Bambino e la sua Mamma ha coordinato per l’Italia, all’interno di un network europeo, la standardizzazione e l’applicazione della tecnica di misurazione della malattia residua minima in tutti i bambini e adolescenti con leucemia linfoblastica acuta di tipo B dei centri dell’Associazione Italiana Ematologia e Oncologia Pediatrica (AIEOP). Questo studio si colloca quindi all’interno di una storia e di un’esperienza di ricerca decennale che pone il nostro centro come punto di riferimento in Italia”, sottolinea Andrea Biondi, direttore della clinica pediatrica Università Milano Bicocca e direttore scientifico della Fondazione Monza e Brianza per il Bambino e la sua Mamma.

Grazie a un’analisi ad altissima risoluzione che permette di studiare singolarmente le cellule, i ricercatori hanno potuto indentificare un preciso comportamento cellulare che sembra guidare la ricaduta. Tale osservazione, oltre a offrire nuove conoscenze sul comportamento biologico della cellula tumorale, potrebbe avere un impatto molto significativo negli attuali criteri di stratificazione del rischio e di conseguente definizione di una terapia.

Il centro, che riceve e analizza ogni anno circa 450 campioni di DNA, è punto di riferimento in Italia per lo studio della malattia residua minima.