«Dopo aver tacitato il sindaco di Seregno di “aver supinamente recepito tutte le indicazioni che arrivavano” da chi voleva favorire A2A, ora la procura presenta il conto anche agli altri sindaci di minoranza di Aeb. Evidentemente, la procura ha in mente lo stesso schema che da tempo denunciamo: le società quotate in borsa ordinano alla politica come impoverire i cittadini ed aumentare i dividendi e la politica esegue gli ordini senza fiatare». Marco Fumagalli, già consigliere regionale del Movimento 5 Stelle e protagonista della battaglia legale contro l’operazione di integrazione societaria tra Aeb ed A2A, insieme a Tiziano Mariani, già capogruppo di Noi per Seregno nel consiglio comunale di Seregno, ha commentato così la notizia che la procura della Repubblica di Monza, che ha in corso nel merito un’inchiesta per turbativa d’asta, che vede indagati anche il sindaco di Seregno Alberto Rossi e l’ex presidente di Aeb Loredana Bracchitta, ha allargato il suo raggio d’azione agli altri Comuni soci, chiedendo loro copia delle delibere approvate.
Aeb: l’ex consigliere regionale Fumagalli all’attacco
«Sindaci, consiglieri comunali, funzionari -ha proseguito Fumagalli– copiano ed incollano le delibere senza capire o fingendo di capire solo per esaudire le richieste che arrivano dalle segreterie di partito. È un modo di operare che prima di arrivare in Brianza, è stato sperimentato in altri parti della Lombardia con Linea Group per esempio e che ha visto riconoscere le nostre ragioni dall’Anac. Ma nonostante questo in Brianza e da altre parti si è andati avanti comunque. Se questo fosse accaduto in Sicilia si sarebbe parlato di infiltrazione mafiosa. Ma siamo in Lombardia e non si può dire che una certa politica prende ordini da società quotate in borsa che si sostituiscono al legislatore e ai cittadini».
Aeb: Fumagalli chiede la revoca delle delibere
Quindi, un affondo ulteriore: «Da tempo diciamo che i Comuni dovrebbero revocare le delibere, se i consiglieri non vogliono correre il rischio di dover pagare fior di quattrini di danno erariale. Tutto questo non viene fatto solamente perché la politica ha ordinato di tacere. Perché la revoca è un’ammissione di colpa ormai accertata dalle corti amministrative ed a breve da quelle penali. Ma la politica resiste (in modo assolutamente bipartisan) perché, se cede, si scopre che tanti sindaci hanno scambiato la loro funzione istituzionale per passacarte di partito. Tanto 60 milioni di danno erariale diviso tutti i consiglieri comunali coinvolti ammonta a qualche decina di migliaia di euro a testa. Per aver violato la legge e frodato i cittadini non è nemmeno molto».