Sono passati 130 anni dall’inaugurazione della tratta Seregno-Carate Brianza. I tram a vapore cominciarono a circolare sul prolungamento della linea Milano-Desio-Seregno l’8 agosto 1886 (o una settimana prima, secondo altre testimonianze), coprendo un tracciato di quasi 3,6 chilometri nel cuore della Brianza. Se di anniversari bisogna parlare, tuttavia, non si può omettere quello della regina delle tratte: la Milano-Monza, aperta l’8 luglio del 1876. Originariamente a trazione ippica, fu la prima linea tranviaria milanese in assoluto (tra le mura della città meneghina circolavano solamente omnibus).
Sono sono trascorsi ben 130 anni dal primo viaggio, i ricordi non sono completamente sbiaditi. Perché le ultime corse tra Desio e Carate sono datate 25 aprile 1982, mentre correva l’anno 2011 quando i tram furono messi definitivamente in pensione sull’intera tratta, dopo una graduale contrazione chilometrica tra i capolinea.
Eppure a guardare gli scatti delle prime locomotive, dei binari che rasentavano le abitazioni, della folla scura di pendolari diretti a Milano per una giornata di lavoro, si coglie uno spaccato di vita d’altri tempi. Tempi che hanno segnato la storia del territorio, che hanno plasmato il tessuto urbano, che hanno lasciato segni indelebili sebbene apparentemente invisibili.
Verso Carate – «Il 28 novembre 1878, fu la società inglese “The tramways & general works company” a ottenere dalla Deputazione provinciale di Milano la concessione per la costruzione di una tranvia che, su progetto dell’ingegnere Berani, collegasse Milano a Giussano passando per Desio e Seregno, lungo la strada Valassina. Fu inaugurata nel 1881» ha raccontato Mauro Anzani, appassionato di storia dei tram e membro dell’associazione “Utenti del trasporto pubblico”.
Nel 1886 venne inaugurata la diramazione Seregno-Carate, a cui fu associata anche la costruzione di 2 raccordi merci con le stazioni di Desio e di Seregno: «Assieme a quello di Milano, questi testimoniano l’importanza che il trasporto merci avesse per le tranvie a vapore» ha spiegato Anzani. Perché «il valore delle nuove linee interurbane fu certamente quello di collegare paesi fino a quel momento completamente sguarniti di mezzi di trasporto pubblico. Un legame essenziale non solo per la mobilità dei passeggeri, ma anche per lo scambio di merci. I commercianti erano i maggiori sostenitori delle tranvie. Il peso economico del traffico di prodotti era talmente importante che, con l’avvento dei camion, furono solo le linee molto frequentate dai passeggeri a resistere».
I cambi di gestione – La Milano-Carate / Giussano ebbe una vita ricca di avvicendamenti. Nel 1889 subentrò alla società inglese la “The lombardy road raylways Co. Ldt”, che a sua volta venne soppiantata dalla STEL (Società trazione elettrica lombarda) nel 1919. Nell’ambito del programma di acquisizione ed elettrificazione delle linee, la STEL cominciò subito ad aprire i cantieri per sostituire i tram a vapore con quelli mossi tramite energia elettrica.
E qui ci sono altri 2 anniversari da inserire nel calendario 2016: il 14 agosto 1926 l’elettrificazione arrivò fino a Desio. A Seregno arrivò 3 anni più tardi, da Seregno a Carate/Giussano 10 anni più tardi (nel 1936). Con la sostituzione della forza motrice, a Seregno cambiò anche il percorso urbano dei binari. Tra le modifiche effettuate ci fu la collocazione del “bivio” tra le due diramazioni (verso Carate e verso Giussano): da via Verdi si spostò dopo piazza Prealpi. Nel luglio 1939, la gestione della tranvia passò in definitiva ad Atm (Azienda trasporti milanesi). Che la gestisce ancora oggi.
L’attualità – «Hanno vinto i conti della serva, ma togliere i tram è stato un depauperamento». Mauro Anzani, membro dell’Associazione utenti trasporto pubblico (Utp), sulla questione non ha alcun dubbio.
«Negli anni ’60, il futuro si identificava con la sostituzione degli autobus ai tram – ha spiegato – Il trasporto su gomma veniva visto come un ammodernamento: una modalità di trasporto innovativa, su mezzi di trasporto nuovi. Al contrario, le tranvie erano considerate vecchie e troppo vincolate».
Con l’andare degli anni, tuttavia, lo scenario è cambiato. «L’aumento sproporzionato del traffico ha fatto perdere completamente i vantaggi del trasporto pubblico su strada, perché anche prendendo il bus resti imbottigliato. Negli anni ’60 bisognava ammodernare, e non togliere le linee su ferro».
Ecco perché la notizia della metrotranvia Milano-Desio-Seregno (un progetto di circa 230 milioni di euro, i cui cantieri sono già stati aperti sul versante milanese e rispetto al quale non sono mancate polemiche) viene accolto da Anzani con favore.
«Anche se esiste già il treno: la metrotranvia ha una funzione diversa, e in particolare collega i paesi che si trovano sulla linea». A dettagliare gli accorgimenti da mettere in campo perché la nuova infrastruttura faccia bersaglio sui vantaggi sperati, è stato l’ingegnere Agostino Fornaroli, che oltre ad essere segretario nazionale Utp è un “mobility manager”.
«Il trasporto pubblico locale dà grandissimi vantaggi. Bastano poche regole per rendere il servizio efficiente e appetibile agli utenti – ha spiegato – Per esempio dando la precedenza sempre ai mezzi pubblici, sul percorso e agli incroci: si raddoppia la velocità e si dimezzano i costi (anche in termini commerciali). Ma anche sincronizzando gli arrivi e le partenze delle diverse linee e stabilendo frequenze chiare». I bus elettrici? «Possono essere linee di adduzione al tram, ma non sostitutivi: condividono la carreggiata con il traffico privato e hanno una capacità di trasporto 100 volte inferiore».
La storia di “Ul Carletu tranviè” – Ha scalfito così a fondo la memoria storica del territorio, quel “bianco tram” che attraversava la Brianza, da guadagnarsi un posto irrinunciabile nell’immaginario collettivo: il passo ritmato della corsa lungo i binari, il fischio acuto che si perde nel cielo fumoso, il vociare dei pendolari e le grida del conducente che corrono assieme ai convogli. Immagini e ricordi che il duo seregnese dei Viganò Brothers ha inserito nel repertorio popolare fermando tra le righe del pentagramma la storia de “Ul Carletu tranviè”. Un brano nato in collaborazione con Mario Galimberti e portato in sala di incisione 2 anni fa.
«Il tram che collegava le cittadine brianzole non solo tra di loro, ma anche a Milano, aveva un enorme valore – ha raccontato Valter Viganò, che assieme a Massimo canta storie in dialetto – Si trattava dell’unico mezzo di comunicazione alla portata di tutti. Su questo tram si svolgeva la vita. Per i pendolari che passavano ore delle loro giornate a bordo del mezzo, salire sul tram significava tessere relazioni. C’erano incontri, dialoghi, scambi di idee. Si concludevano affari, si creavano crocchi e compagnie. Si incontrava l’amore». Mentre la rete sociale si muoveva veloce sulla rotaia, il tranviere svolgeva un ruolo essenziale non solo come conducente, ma «come intermediario di mille azioni, emozioni, fatti».
La portata storica e sociale del tram trova piena rivelazione nell’uso del dialetto. Che come forma espressiva già plasma le proprietà della sostanza: «Abbiamo scelto di cantare i nostri brani in dialetto per valorizzare l’ambiente e i costumi del nostro territorio» ha spiegato Valter. E se è vero che la lingua è già di per sé un aspetto della località da apprezzare (anche a prescindere dalle storie che si raccontano), nel caso del tram si mette in pieno risalto un pezzo di storia che esprime tratti identitari di un territorio.
Il progresso che cancella – Così decisivi che il Carletu è “un tranviè deluso”, perché “il tram è sparito e il grande amore è finito”. Non solo quello per “la bionda” conosciuta al capolinea, ma anche quello per il convoglio bianco intessuto di storie ed emozioni. Immagini racchiuse in “anni spariti ormai, cancellati dal progresso”: la modernità ha detto “addio ai sogni di gloria” e «ha perso un mare di possibilità – ha specificato Valter – Sarebbe stato bellissimo tenere questo tram. Se non più utile per il trasporto, lo si poteva almeno valorizzare come attrattiva».