Intervista al sindaco di Monza Paolo Pilotto: «La gente ci ha ascoltati, questa la svolta»

Intervista a Paolo Pilotto, nuovo sindaco di Monza. La pacatezza e il sorriso, gli esordi e i temi per i prossimi cinque anni.
Monza Paolo Pilotto
Monza Paolo Pilotto Fabrizio Radaelli

Poche volte ha alzato la voce in campagna elettorale, quasi mai lo ha fatto in tanti anni di attività in consiglio comunale: la pacatezza, l’argomentare le sue scelte e le sue posizioni sono la cifra di Paolo Pilotto. E negli ultimi tre mesi, come hanno fatto notare i suoi sostenitori, i monzesi hanno scoperto che sa sorridere. Il suo stile ha segnato la cavalcata “al ritmo di Monza” partita a marzo e forte dell’onda arancione di tanti militanti dopo cinque anni ha riportato il centrosinistra alla guida del capoluogo brianzolo compiendo quella che fino a qualche mese fa in molti consideravano un’impresa disperata. 

Sindaco, quando ha capito che avrebbe potuto vincere le elezioni? 

«Giorno dopo giorno ci rendevamo conto che la nostra campagna funzionava, che la gente ascoltava le nostre proposte: dopo il primo turno abbiamo continuato a incontrare le persone e le associazioni, a dialogare, a commuoverci davanti ai bisogni di chi è in difficoltà». 

È entrato in consiglio per la prima volta nel 1992, in piena Tangentopoli: che ricordi ha? 

«Ho ricordi vivissimi: avevo 32 anni e da dieci anni ero impegnato nell’associazione Bachelet. In quell’epoca c’era un fermento molto forte tra i giovani: insieme ad altri ho scelto di provare a rinnovare la Dc dall’interno. Con noi c’erano persone che avevano grandi ideali in politica e, nonostante le previsioni, abbiamo ottenuto un buon risultato. Sono stato eletto insieme a Pierfranco Maffè, Vico Piazza, Angelo Longoni e tanti altri. Mario Marcante, più esperto, mi ha detto: “Giovane, galoppa” e mi ha nominato segretario del gruppo. Con lui è nata un’amicizia incrollabile: in quegli anni ho imparato che in politica l’apprendistato conta tantissimo». 

Ha mai pensato di poter diventare sindaco? 

«Non nel 1992. Dieci anni più tardi, quando in città girava il mio nome con quello di Michele Faglia tra i papabili candidati, ritenevo che per il suo percorso e le sue idee lui fosse la persona giusta e gli sono stato vicino. Qualche mese fa mi ha detto: “Adesso tocca a te”. Durante la campagna in mezzo alla gente ho avuto la percezione che stavamo andando con il passo giusto». 

Quali sono i ricordi più belli e quelli più brutti di questi trent’anni in consiglio comunale e in quello provinciale? 

«Le soddisfazioni più belle sono legate ai progetti con cui da assessore ho fatto crescere le scuole, eliminato l’amianto dai tetti, azzerato le liste di attesa alle materne e dai banchi della minoranza ho collaborato a costruire i regolamenti della Provincia. Sono ricordi meno belli le finte battaglie delle opposizioni che, con atteggiamenti negativi, in aula presentavano migliaia di emendamenti su singoli atti». 

Da insegnante e da vicepreside del liceo Zucchi ha visto passare generazioni di giovani: sono cambiati rispetto a qualche decennio fa? 

«Oggi i ragazzi di 14-16 anni sono più emotivi e hanno meno autocontrollo rispetto a vent’anni fa, poi recuperano verso i 18. È l’effetto della velocità dei rapporti, dell’eccesso di comunicazione, del minor tempo trascorso in famiglia. Per questo è necessario creare occasioni di aggregazione e luoghi in cui fare sport: servono a evitare comportamenti inappropriati. Le loro crisi di relazione riflettono quelle degli adulti. Gli adolescenti sono, però, più diretti: qualche giorno fa alcuni di loro mi hanno fermato in piazza Trento e Trieste e mi hanno chiesto di ripristinare le piste da skateboard». 

Nei prossimi mesi dovrà affrontare questioni aperte da anni tra cui il recupero dell’ex Borsa e quello dell’ex Macello… 

«La riqualificazione dell’ex Borsa va chiusa nell’arco del mandato e va avviata quella dell’ex Macello dato che ci sono nove milioni di euro per la costruzione di una delle scuole. Dovremo occuparci anche della Fossati e Lamperti, magari a lotti. Si potrebbe partire dalla progettazione di alcune aree e di un collegamento con via Borgazzi, un asse su cui potrebbero essere realizzate scuole, abitazioni convenzionate e servizi mentre alcuni edifici di architettura industriale potrebbero essere recuperati. Potrebbe, inoltre, essere creato un bosco urbano». 

Cosa pensa di alcuni progetti urbanistici avviati dalla passata amministrazione tra cui le torri di via Ticino? 

«Non conosco le carte, ma nel futuro vedo una Monza poco verticale, ricca di imprese, ben collegata alla Brianza, che dialoga con Milano. Non credo che la città abbia bisogno delle verticalizzazioni per aumentare le aree verdi: per quanto possibile lavoreremo sui volumi e sulle altezze come è stato fatto nel caso del Feltrificio Scotti». 

In Comune arriverà un direttore generale? 

«È una delle mie priorità: serve un regista tecnico che sappia esaltare tutte le professionalità, elevate, che lavorano nell’ente». 

E la nuova biblioteca centrale? 

«Sarei felicissimo se potessimo realizzare una sede moderna, attrattiva per tutta la Brianza: il vero problema, come per quello delle biblioteche di quartiere che potrebbero essere aperte in tempi brevi, è la carenza di personale. Questa sarà la mia lisca di pesce conficcata in gola».