Trasferito a Villa Serena, il reparto di psichiatria del San Gerardo, per una valutazione della sua salute mentale decisa della direzione carceraria come prassi per i detenuti di cui si sospetta una patologia psichica. Ma per la procura di Monza, Mattia Del Zotto, il ‘purificatore’ che ha sterminato la famiglia mescolando il tallio nell’acqua minerale, è una “mente criminale”, determinata e, soprattutto, lucida.
Per questo il pm Carlo Cinque, titolare del fascicolo ha espresso parere negativo sull’istanza presentata dall’avvocato Silvia Letterio al gip Federica Centonze di far valutare la capacità di stare in giudizio del giovane. Istanza, quella presentata dal difensore, che il gip, da quanto emerso venerdì mattina a palazzo di giustizia non ha accolto. Mattia, dunque, è stato trasferito nella struttura ospedaliera (sempre comunque in regime di detenzione), ma potrebbe fare presto ritorno al carcere di Monza, dove è stato condotto una dozzina di giorni fa con accuse di triplice omicidio tentato omicidio per aver ucciso i nonni paterni, la zia, e tentato omicidio per aver mandatro in ospedale altre cinque persone (la badante di casa, altri due zii, e i nonni materni).
LEGGI la confessione di Del Zotto
Le notizie che giungono del 27enne reo confesso di triplice omicidio e di cinque tentati omicidi sono frammentarie. Mattia Del Zotto, da quanto ha appreso durante i primi giorni di detenzione, ha chiesto e ottenuto testi sull’ebraismo, religione alla quale sostiene di essersi avvicinato negli ultimi anni. Al momento del suo arresto, è apparso freddo e controllato. Gli investigatori lo descrivono come una persona che si esprime in buon italiano, dai modi formali. In carcere non avrebbe chiesto di nessuno, nemmeno dei suoi genitori, ha detto l’avvocato Letterio, difensore nominato d’ufficio. All’inizio ha detto di non voler collaborare con le istituzioni. Di fronte al gip, durante l’interrogatorio di garanzia, ha però risposto alle domande, spiegando di aver ucciso e intossicato i suoi famigliari con l’acqua.
Sarebbe sceso nella cantina comune della villa di famiglia in via Fiume, e avrebbe diluito la sostanza, scelta apposta perché “non ha né odore, né sapore”, nell’acqua minerale che sapeva sarebbe finita sulla tavola dei parenti, e non a casa sua, e che la mamma avrebbe portato ai suoi genitori nell’altra casa di via Padova, sempre a Nova, in cui è comparsa la sostanza killer. Ha confermato di aver agito perché sentiva la necessità di punire gli “impuri”, degli “idolatri”. Spiegazione che troverebbe conferma nella presunta deriva a sfondo religioso degli ultimi tempi, navigando, sembra, tra siti di ispirazione cristiana, fermi su posizioni radicali. Aveva eliminato dolci e alcolici. Una sorta di percorso ascetico. Una specie di autopulizia, la sua, prima di sentirsi lui stesso in diritto di togliere la vita cavalcando la motivazione di questa fantomatica missione purificatrice.