Una mazzata per le Province e una sciagura per le Regioni: sono le possibili conseguenze di un emendamento alla legge di stabilità annunciato dal governo che prevede il passaggio automatico della metà dei dipendenti dagli enti intermedi alle amministrazioni regionali. Parecchi deputati e senatori stanno trattando con l’esecutivo nel tentativo di annacquare il provvedimento che aumenterebbe il caos generato dall’applicazione della legge Delrio e farebbe lievitare i costi della spesa pubblica. In questi giorni la mobilitazione dell’Unione delle province italiane, perché se la norma non sarà modificata molti organismi di area vasta, tra cui quello della Brianza, forse già a gennaio potrebbero ritrovarsi con gli uffici sguarniti mentre le Regioni dovrebbero ereditare schiere di impiegati, tecnici e operai da retribuire praticamente per non lavorare.
E quei soldi, fanno notare i governatori, non sarebbero stanziati dallo Stato ma graverebbero sui loro bilanci. Secondo le stime il Pirellone, che ha un organico di circa 5.000 persone, dovrebbe assorbire 3.000 dipendenti e dovrebbe spendere in stipendi 130 milioni di euro in più ogni anno. I primi a pagare le spese di un emendamento che in molti ritengono sconsiderato saranno i lavoratori degli organismi di area vasta: a fine dicembre centinaia di contratti a termine rischiano di non essere rinnovati.
In Lombardia, intanto, si fa strada una tendenza nuova favorita dagli ultimi annunci romani: Roberto Maroni e la sua maggioranza, fino a qualche settimana fa orientati a lasciare agli enti intermedi le funzioni decentrate nell’ultimo quindicennio da Roberto Formigoni, potrebbero accentrare le competenze che muovono più soldi tra cui l’agricoltura, la formazione professionale, le politiche del lavoro con annesse le Agenzie locali e, perché no, anche la pianificazione delle linee di trasporto pubblico. Senza quelle risorse, commentano in molti, a Milano non ci sarebbero nemmeno i fondi da versare agli addetti.
Lega e centrodestra, quindi, abbandonerebbero la strada della sussidiarietà e del federalismo per imboccare quella del centralismo, tanto criticato fino a poco tempo fa: «Siamo costretti – commenta il capogruppo padano Massimiliano Romeo – a comportarci in questo modo. È nel nostro spirito lasciare l’autonomia ai singoli territori, ma stiamo subendo un diktat dal Governo: sotto il profilo del federalismo è un passo indietro, per questo siamo convinti che se rimarremo con questo Stato falliremo».
«Non vogliamo – commenta qualche consigliere di maggioranza – solo gli oneri della riforma Delrio, ma anche gli onori». Se il Pirellone, così come le altre regioni, accentrerà buona parte delle funzioni le province di secondo livello saranno svuotate quasi completamente con un anticipo, nei fatti, della riforma costituzionale che dovrebbe sostituirle con gli enti di area vasta. In Lombardia il processo sembra correre più che altrove tanto che già oggi la giunta Maroni dovrebbe affrontare la questione al tavolo dell’Osservatorio che raggruppa anche esponenti degli enti intermedi e dei comuni.