Il dottor Kossi Komla-Ebri e la sua storia di integrazione a Vimercate

Interessante incontro con chirurgo e scrittore Kossi Komla-Ebri di origini togolesi alla scuola Don Milani di Vimercate.

Chirurgo, scrittore, divulgatore, appassionato di lingue. Togolese di origine, brianzolo di adozione. Kossi Komla – Ebri ha conquistato, tra battute e considerazioni argute, il pubblico che lo ha incontrato lo scorso 27 aprile nell’aula magna della scuola Don Milani di Vimercate.Ad accoglierlo la dirigente, Mariateresa Chieli, le docenti della scuola e l’assessore all’Istruzione, Maria Teresa Foà.

Il dottor Kossi Komla-Ebri e il pregiudizio

Una lunga chiacchierata per raccontare le origini del pregiudizio presenti in ciascuno di noi. «Quando ero bambino in Togo, anche io avevo pregiudizi verso i turisti bianchi che arrivavano. Dicevamo che puzzavano di aglio». Pregiudizi che il futuro medico si è portato in Europa, quando da adolescente è arrivato in Francia dove ha conseguito la maturità. Poi l’arrivo a Bologna, nel 1974, dove ha studiato alla facoltà di medicina grazie a una borsa di studio. «Nel viaggio in treno verso l’Italia mi tenevo stretta la chitarra e i pochi soldi che avevo per paura che mi rapinassero. Mi avevano raccontato che l’Italia era il terzo mondo dell’Europa, che qui sparavano per strada. E poi non sapevo una parola di italiano e questa è la cosa peggiore perché significa non riuscire a comunicare, altri pensano per te».

Il dottor Kossi Komla-Ebri , il dialetto brianzolo e l’italiano

È grazie alla pazienza di un amico eritreo che ha iniziato a fare amicizia con la lingua italiana fino ad innamorarsi della musicalità, «di una lingua che si parla con tutto il corpo». Il dottor Komla – Ebri parla anche in dialetto brianzolo con i suoi pazienti, «perché così si sentono accolti e compresi». Un’accoglienza che a lui a volte è mancata. «Avrei voluto fare ginecologia ma il primario mi disse di cambiare, perché spaventavo le pazienti. Ho scelto chirurgia perché i miei pazienti sono addormentati e non possono aver paura di me».Il racconto del dottore è pieno di momenti ironici e divertenti ma anche punture amare. «Dopo cinquant’anni in Italia io resto un extracomunitario. Quando tolgo il camice bianco che mi dà un ruolo sociale riconosciuto torno ad essere diversamente visibile, uno a cui devono controllare i documenti alla stazione, a cui le forze dell’ordine danno del tu anche se ho i capelli bianchi, fino a quando non vedono sulla mia carta di identità la mia professione e la nazionalità italiana».Dalla raccolta di queste situazioni spesso odiose e imbarazzanti è nato uno dei libri più noti di Komla – Ebri, “Imbarazzismi”. «Cos’è l’integrazione? È accettare qualcosa di nuovo che non avevo e che mi arricchisce, non fare un frullato delle culture. I nostri sensi si sono già aperti alla diversità con il cibo e la musica. Sono i cuori che fanno fatica. L’altro non è il nemico, ma è necessario per definire ciò che siamo».