Una proposta di Vita Buona che, anche in virtù di Expo 2015 e dei suoi temi, possa condurre a “Un nuovo umanesimo per Milano e le terre ambrosiane”. Nel tradizionale discorso alla Città e alla Diocesi, pronunciato venerdì 5 dicembre in occasione della festività di Sant’Ambrogio, l’arcivescovo Angelo Scola ha evidenziato la necessità di «rimettere l’uomo al centro», come indicato da Papa Francesco.
«Il nuovo non è l’inedito ad ogni costo – sottolinea il cardinale – piuttosto, nuovo è camminare non perdendo l’origine, è un ri-cominciare (…). Il nuovo umanesimo sarà quindi umanesimo del “dono di sé” da parte di ognuno, attraverso l’essere in-relazione».
E la proposta di un nuovo umanesimo deve partire dalla vita di tutti i giorni, per dare senso alla quotidianità stessa. Per Milano e la Diocesi resta l’indicata «urgenza di stare radicati nell’attuale contesto socio-culturale». Scola ricorda “l’umanesimo lombardo” come fattore di cultura e socialità. Una tradizione che porta proprio a un’attenzione generale all’uomo, nelle esigenze spirituali ma anche in quelle materiali e sociali. Una tradizione di cui l’arcivescovo cita come esempio la vicenda della Cà Granda, ma anche Manzoni, Verri e Beccaria.
«Guardando alla nostra storia possiamo parlare di un umanesimo della responsabilità: piedi per terra e sguardo rivolto verso il cielo».
Senza scordare però il passato più recente, quello delle trasformazioni sociali ed economiche e dei processi distorti della “Milano da bere”. L’invito è dunque verso «una nuova anima della città». E tra i maestri per l’oggi Scola richiama in questo senso Giovanni Battista Montini. «Due mesi fa la Chiesa ambrosiana ha ricevuto in dono la beatificazione del nostro arcivescovo, divenuto Papa Paolo VI. L’8 dicembre 1957 – sottolinea Scola – nell’omelia del pontificale in Duomo l’arcivescovo Montini si chiede
“Chi è l’uomo?”. Rispondere a questa domanda con lo sguardo fisso a Gesù Cristo, fu uno dei contenuti essenziali della predicazione e del ministero pastorale del nuovo beato»
Da qui l’arcivescovo rimarca che «la proposta di nuovo umanesimo non è altro che la capacità insita nella fede cristiana di generare cultura, cioè, di proporre agli uomini e alle donne di ogni tempo, partendo dal loro peculiare contesto storico, sociale e culturale, un senso per il vivere quotidiano».
La proposta di Vita Buona passa dalla società e dai costumi odierni; e il vivere di oggi non può non tenere in considerazione il meticciato delle civiltà. Ribadita anche la centralità della famiglia, dove «è possibile riconoscere e far effettiva esperienza del bene e dell’essere in relazione». Lavoro, economia, ma anche educazione, cultura, arte e turismo vengono richiamati dall’arcivescovo come ambiti decisivi per l’edificazione di un nuovo umanesimo.
Inevitabile anche il richiamo alle fragilità odierne e alla necessità di evitare emarginazioni. «Tra i più colpiti dalla crisi sono gli immigrati, dal momento che i processi di integrazione incontrano ancora parecchie difficoltà anche istituzionali. (…) Povertà ed esclusione sono distribuite a macchia di leopardo (…) si trovano dappertutto in città. La ricca rete di opere sociali e di carità presenti nel nostro territorio – sottolinea Scola – spesso legate alle comunità cristiane, è già realizzazione di nuovo umanesimo».
L’arcivescovo arriva dunque alla necessità di passare dalla frammentazione all’unità, anche verso l’ottica della Città metropolitana. «Dalla frammentazione non si esce attraverso l’annullamento delle diversità, bensì attraverso la ricerca del bene comune che sappia “incorporare” tutti. (…) Tale ricerca di attua nella proposta integrale – e non settoriale – di una vita buona, una proposta unificante e rispettosa di ogni diversità». In questo, la “testimonianza cristiana” viene indicata come via diretta per arrivare alla Vita Buona. Infine l’accenno alla città Metropolitana, con la nascita ufficiale da gennaio 2015.
«Un primo passo, anche dal punto di vista amministrativo, per riconoscere che tutte le terre ambrosiane costituiscono già da ora la metropoli di Milano».