È definitiva la condanna all’ergastolo già inflitta in primo grado e secondo grado a Michele Graziano, 40 anni, l’uomo che, a Paina di Giussano, nel febbraio 2014 ha ucciso i due figli Elena, di 9 anni e Thomas, di 2 anni, nell’appartamento di via IV Novembre in cui l’ex impiegato in una catena di supermercati aveva convissuto con una delle madri dei due piccoli.
Lo ha sancito la Corte di Cassazione, che mercoledì ha confermato la pena dell’ergastolo. I giudici romani non hanno accolto i motivi di ricorso presentati dalla difesa, rappresentata dagli avvocati Antonino De Benedetti e Michele Memola, che puntavano almeno al riconoscimento della seminfermità mentale dovuta a “disturbo della personalità”, come sosteneva la perizia di parte.
La strage
La tragedia era avvenuta quasi 3 anni fa. Le due vittime erano nate da due distinte relazioni di Graziano, entrambe naufragate. Quel giorno, i due piccoli erano con il padre, che li aveva portati in uno degli appartamenti in cui aveva vissuto Graziano, a Paina. Il duplice omicidio era avvenuto col coltello. La stessa arma che Graziano aveva poi puntato contro di sé, ferendosi alla gola dopo aver chiamato un parente al telefono e accovacciandosi con il corpo sopra quello dei figli già privi di vita.
Ad accorgersi che l’uomo era ancora vivo, è stata una soccorritrice del 118, che aveva notato un impercettibile movimento di una mano. Dopo alcuni giorni in ospedale, l’assassino era fuori pericolo di vita. «Volevo che stessero con me per sempre», avrebbe riferito in sede di interrogatorio al gip. Dopo la condanna in primo grado, la Corte d’Appello aveva confermato la sentenza a novembre dello scorso anno. Fino alla condanna definitiva della Suprema Corte dei giorni scorsi. «Non poteva andare diversamente, giustizia è stata fatta» hanno commentato i difensori di parte civile, gli avvocati Patrizio Le Piane e Paolo Mariani, incaricati dalle mamme di Elena e Thomas.
L’ultima condanna
La prima, accompagnata dal compagno e dai familiari, ha voluto recarsi anche a Roma per seguire l’ultima fase del processo nei confronti di Michele Graziano. Il quarantenne era già stato condannato al massimo della pena per omicidio volontario plurimo aggravato dallo stato di parentela con le due piccole vittime nel processo con il rito abbreviato dal giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Monza Claudio Tranquillo.
Il gup brianzolo non aveva ritenuto sussistente la premeditazione chiesta dalla pubblica accusa, ma non aveva concesso all’imputato lo sconto di un terzo della pena (oltre a quello previsto per il rito abbreviato), fino ad arrivare a 30 anni di reclusione, ritenendo il fatto “di estrema gravità” quindi non ritenendo concedibili all’imputato neanche le circostanze attenuanti generiche, nonostante l’imputato fosse incensurato. Per la legge, il cassiere dovrà scontare almeno 26 anni di carcere, prima di provare a presentare anche solo un’istanza di riduzione della pena per buona condotta.