Da che parte sta Fabrizio Sala lo ha già fatto capire e ora lo ribadisce in modo chiaro: il vice presidente della Regione e assessore alla Casa è convinto che la Grande Brianza che unisca il nostro territorio a buona parte del comasco e del lecchese sia l’unico antidoto per evitare che Monza e dintorni decadano a periferia, seppur di lusso, di Milano. Il braccio destro di Roberto Maroni al Pirellone entra nel vivo del dibattito aperto qualche settimana fa dal presidente della Provincia Gigi Ponti e lo fa in vista della riperimetrazione delle aeree vaste che effettuerà la Regione.
Assessore, ci spiega come avverrà il processo e se durante il percorso saranno coinvolti i territori?
Il rapporto con i territori sarà tenuto dal sottosegretario Daniele Nava mentre io da lunedì 11 presiederò il gruppo di lavoro, costituito dai componenti della giunta, incaricato di disegnare il nuovo assetto. Ci siamo dati 366 giorni di tempo in quanto la riforma costituzionale dovrebbe entrare in vigore tra un anno: al termine della scadenza presenterò la mappa delle future istituzioni.
Avete già qualche idea su come saranno configurate le aree vaste?
Sicuramente il loro numero sarà inferiore a quello delle 12 province: ci sarà un’area alpina, una pedemontana, una della pianura e potrebbe esserci un’aggregazione tra Bergamo e Brescia. Non dovranno, però, essere meri accorpamenti tra enti in quanto non sarebbero efficaci: saranno i territori e i singoli comuni a pronunciarsi sul loro futuro e alcune delle attuali istituzioni potrebbero essere smembrate.
Veniamo alla nostra realtà: Grande Brianza o Milano?
Il nostro territorio e, prima ancora, il Comune di Monza dovranno interrogarsi. Il dibattito è aperto: la Grande Brianza stimola e mette in crisi molti: Monza deve decidere cosa vuol fare, se legarsi a Milano o se diventare il capoluogo di una nuova aggregazione. In quanto terza città della Lombardia ha tutti i requisiti per svolgere questo ruolo.
Lei è un convinto fautore della Grande Brianza…
La Grande Brianza, di fatto, esiste già sotto il profilo economico ed è importante che ottenga un riconoscimento istituzionale. Anche senza Monza potrà esserci un’area vasta che comprenda Seregno e i comuni come Veduggio con Colzano che hanno una realtà simile a quella di Cantù, Cabiate, Mariano Comense, Merone. È vero che ci sono zone, come il vimercatese, che hanno sempre guardato a Milano: proprio per questo saranno i comuni a decidere dove andare.
E con Milano?
Il problema è vecchio: è ovvio che bisogna collaborare perché, come dice l’adagio, chi volta le spalle a Milano volta le spalle al pane. Si deve lavorare con la città più internazionale d’Italia ma si deve anche cercare di distinguersi soprattutto perché, nel corso dei decenni, Milano ha sempre ragionato solo dentro i propri confini e continua a farlo. Non ha mai avuto una visione territoriale strategica: la Grande Milano nuoce alle periferie, anche a quelle importanti.
A proposito di strategie, lei ha lanciato un tavolo per la Brianza?
Sì, nei prossimi giorni invierò le prime convocazioni ai rappresentanti delle istituzioni e delle categorie: è importante che tutti facciano proposte e si muovano in modo coordinato per promuovere progetti che rilancino il territorio a livello internazionale e consentano di ottenere finanziamenti regionali, statali ed europei. Nel giro di un anno si potranno mettere le basi per azioni che ruotino attorno alle nostre eccellenze quali il design, il legno, la moda e Villa reale.