In Formula 1 ci ha corso per 81 Gran premi, alternandosi sui sedili di Red Bull, Toro Rosso, Force India e Hrt. Oggi, Vitantonio Liuzzi, torna a Monza dopo 5 anni di assenza, seguiti al doloroso addio alla massima categoria del motorsport. «Una volta uscito di qui, ho sofferto tanto. È cambiato tutto, mi sono dovuto modulare ad ambienti differenti. Io qui ci sono cresciuto». Liuzzi, 37 anni, oggi segue clienti e appassionati per conto di Pirelli e Aston Martin.
«Per me la Formula 1 è sì, ormai, una parentesi lontana. Monza, però, resta uno dei luoghi più belli e affascinanti del mondo. L’atmosfera che qui si respira è impareggiabile e quando torno ho sempre la pelle d’oca». La lontananza è come il tempo: fa dimenticare chi non s’ama e aiuta a guardare con distacco difetti che prima passavano inosservati. «Ma per me tornare qui è come tornare a casa. Certo, non è la Formula 1 che ho lasciato. Oggi le monoposto sono dei gioielli estetici, ma questo sport in sé è diventato troppo complicato e difficile da seguire. Ci sono dinamiche complicate, che semplificherei».
«Vorrei una formula 1 “più ignorante”, fatta di motori incazzati, rumori, cilindrate maggiori – dice Liuzzi – Liberty fa bene a introdurre più aperture. Una volta entrare nel paddock era più complicato che andare alla Casa Bianca. Serve avvicinare lo spettatore e aumentare lo spettacolo. Prima era più facile distinguere i piloti di talento da quelli con meno coraggio, oggi i circuiti sono distese d’asfalto che ti permettono anche di sbagliare, andare fuori pista e poi rimediare».
La sua Formula 1, Liuzzi la ricorda con un sapore agrodolce soprattutto quando parla di Monza. «Era il 2009, rientrai in Force India per sostituire Giancarlo Fisichella che era passato in Ferrari. Partivo settimo in griglia, con la strategia di una sosta ai box. In gara arrivo a essere secondo, a 15 giri dal termine. Poi una stupida rondella del cambio si rompe. Sì, provai grandi emozioni contrastanti quel giorno».