Morì 16 mesi dopo un’operazione all’ospedale di Desio per la revisione del pace-maker. La figlia dell’uomo ha fatto causa alla struttura sanitaria e ora il giudice gli ha dato ragione. Al paziente furono lasciati dei cateteri e un perito attribuisce “con sicurezza” la morte a “una infezione contratta nel corso dell’intervento di sostituzione del pace-maker” e a “un ritardo nella diagnosi”, sottolineando che “l’abbandono dei cateteri” ha “registrato un’elevata incidenza in termini di recidive e di mortalità”. Il tribunale di Monza ha condannato l’ospedale desiano a pagare oltre 180mila euro alla figlia dell’uomo, assistita dall’avvocato Giuseppe Badolato, del Foro di Milano.
I fatti risalgono ad un paio di anni fa. «Il consulente tecnico d’ufficio addebitava la responsabilità della morte dell’uomo al suo medico di famiglia – spiega il legale, da noi contattato -, ma sul caso la giurisprudenza è chiara: l’intervento è avvenuto in ospedale ed è l’ospedale a dover pagare le conseguenze. Il giudice, andando contro il parere del consulente, ha dato ragione a noi. Siamo soddisfatti per questa vittoria».
Dunque, il giudice del Tribunale di Monza non si è trovato d’accordo con il consulente nell’attribuire le cause del decesso al medico curante e ha condannato l’azienda ospedaliera di Desio, spiegando che “è onere” della stessa azienda provare “di aver eseguito l’intervento a regola d’arte e che pertanto l’infezione in sede cardiaca si sia verificata per un evento imprevedibile e inevitabile e non per un’omissione di una attività cui era tenuta”. Tra gli elementi di responsabilità, il giudice ha evidenziato “una precisa scelta medica, considerata non adeguata al caso concreto dal consulente tecnico d’ufficio: gli elettrocateteri propri del primo generatore vennero lasciati in situ e in cartella clinica non è riportata alcuna annotazione che faccia rilevare l’eventuale valutazione di un maggior rischio dell’espianto rispetto alla bonifica.
L’uomo “era diabetico, condizione che, determinando sia uno stato di uno immuno-depressione relativa del paziente sia la necessità di effettuare perforazioni della pelle, che costituiscono possibili vie di accesso di agenti patogeni, ha costituito un fattore di aumento del rischio di infezioni”. “Sarebbe stato più conforme alle regole d’arte che, in presenza di soggetto ad elevato rischio di infezioni- conclude il giudice – l’Ospedale avesse rimosso l’ulteriore fattore di rischio con la rimozione dei cateteri”.
L’operazione è avvenuta nel 2015, quando ancora non era stata attuata la riforma sanitaria. Oggi l’ospedale desiano, che fa parte della Asst di Monza, ha nuovi dirigente, che non commentano i fatti accaduti prima del loro insediamento. «Poichè l’evento contestato si riferisce a prestazioni rese prima del primo gennaio 2016 presso l’ospedale di Desio, è la ASST di Vimercate ad essere legittimata per tutti i fatti precedenti il 31 dicembre 2015» risponde l’ospedale di via Mazzini in una nota .