«Se non ci sarà giustizia per l’uccisione dell’ambasciatore Luca Attanasio, non ci sarà giustizia per tutto il popolo congolese». Ne è convinta Giusy Baioni, giornalista desiana esperta di Africa, impegnata da anni a denunciare le violenze del Nord Kivu, la zona dove è avvenuto l’agguato.
«Sarà difficile trovare la verità. Ma voglio pensare che non sia impossibile. Bisogna capire se c’è la volontà politica di fare chiarezza. Subito dopo l’agguato è stato puntato il dito contro i ribelli delle Fdlr. Ci vuole un lavoro serio e approfondito. Vedo molti elementi che non tornano». La giornalista desiana è stata diverse volte a Goma e Bukavu. «La strada in cui l’ambasciatore Attanasio, il carabiniere Iacovacci e l’autista Mustapha Milambo sono stati uccisi è una zona di passaggio. Chi ha agito, lo ha fatto in modo sfacciato, senza preoccuparsi di eventuali testimoni». Il Nord Kivu, nella zona orientale della Repubblica Democratica del Congo, al confine con il Ruanda, è una delle zone più “calde” del pianeta. Ricco di preziosi minerali, infestato da numerosi gruppi armati di provenienza eterogenea, nascosti nella foresta. «Spero che da settimana prossima la questione del Congo non torni nell’assordante silenzio in cui è stata per anni. E’ una questione che ci interessa da vicino: abbiamo tutti in tasca un pezzo di Congo. Il coltan, il minerale che serve per fabbricare i telefonini, arriva proprio da quella zona».
«La gente – prosegue la giornalista – è stanca delle violenze, chiede giustizia. Vuole un segnale. E’ ora di smetterla con lo sfruttamento delle risorse». Negli ultimi anni, qualcosa si è mosso, anche se non basta. «Rispetto a quello che ho letto dopo l’agguato all’ambasciatore, mi preme sottolineare qualcosa che finora non è stato evidenziato: la situazione nel corso degli ultimi 20 anni è cambiata. Ora c’è una legge sui minerali “insanguinati”. L’Unione Europea ha applicato un regolamento che vincola le imprese che importano minerali a dichiarare la provenienza, la quantità e la data di estrazione. La normativa non si applica ai prodotti finiti, come è stato fatto invece negli Stati Uniti con Obama. Ma è un passo importante. In Congo, la società civile si è mobilitata. Ci sono giovani brillanti e attivi. Serve però la collaborazione delle istituzioni estere».
«In questi giorni circola una foto dell’ambasciatore Attanasio con il dottor Mukwege, premio Nobel per la pace 2018. Il medico congolese continua a chiedere di istituire un tribunale internazionale penale sul Congo, per giudicare i gravi crimini commessi contro la popolazione civile e chiedere giustizia per le vittime. C’è un rapporto stilato da esperti delle Nazioni Unite sulle violazioni dei diritti umani, pubblicato 10 anni fa, dove è stato messo tutto nero su bianco. Basterebbe partire da qui. Ma ci sono troppi interessi in gioco»