Operazione antidroga della Guardia di finanza di Pavia con ramificazioni fino alla provincia di Monza e Brianza. Sono circa ottanta i finanzieri del Comando Provinciale pavese che, con la collaborazione del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata (S.C.I.C.O.), dall’alba di martedì 27 aprile stanno eseguendo nell’Area metropolitana di Milano, nelle province limitrofe di Pavia, Monza Brianza e a Roma quindici ordinanze di custodia cautelare di cui undici in carcere e quattro agli arresti domiciliari, disposte dal gip del Tribunale di Milano nei confronti degli appartenenti ad un’organizzazione criminale, con collegamenti a cosche della ‘ndrangheta, dedita all’importazione di cocaina dal Sudamerica.
Si tratta della conclusione dell’operazione chiamata “Mixtus”: le ordinanze di custodia cautelare in carcere riguardano 6 peruviani e 5 italiani mentre per altri due peruviani e altrettanti italiani sono stati disposti dal Giudice gli arresti domiciliari. Al momento, cinque soggetti tra quelli colpiti dall’ordinanza di custodia cautelare avrebbero lasciato il territorio nazionale e sono in fase di rintraccio.
L’indagine è durata circa due anni ed ha portato complessivamente al sequestro di oltre 50 chili di cocaina. Ciò grazie ad una costante azione investigativa anche con la cooperazione internazionale con le unità antidroga del Perù. Gli investigatori sono riusciti a tracciare le rotte del narcotraffico che partendo dal Perù, transitava per la Spagna per poi giungere in l’Italia, dove lo stupefacente risultava destinato alle cosche di ‘ndrangheta della Lombardia e della Calabria attraverso l’opera di alcuni emissari tratti in arresto. La droga – secondo quanto ricostruito dalle Fiamme Gialle, sarebbe infatti stata destinata: «anche a soggetti del clan di ‘ndrangheta Molluso, particolarmente attivo nel settore dello spaccio di sostanze stupefacenti».
Durante l’attività investigativa, i finanzieri pavesi, anche col supporto dei Reparti del Corpo in particolare presso gli scali aeroportuali milanesi, ove sono avvenuti alcuni dei sequestri, sono riusciti a bloccare i carichi di “polvere bianca” che, una volta venduta sulle varie piazze di spaccio avrebbe garantito alle cosche un profitto di circa 5 milioni di euro. Per sfuggire ai controlli doganali e alla particolare abilità a fiutare lo stupefacente dei cani antidroga della Guardia di Finanza, la cocaina è stata anche occultata attraverso dei procedimenti chimici nelle copertine di libri e riviste o intrisa nei rivestimenti delle valigie al seguito dei corrieri per poi essere chimicamente estratta e raffinata in laboratori clandestini.
Uno di questi laboratori, scoperto dai finanzieri nel luglio 2019, proprio mentre erano in corso le operazioni di raffinazione della cocaina, era in una anonima autofficina nell’hinterland milanese. In quella occasione i finanzieri avevano scoperto (e arrestato in flagranza di reato) un componente italiano dell’organizzazione che per spostarsi utilizzava l’ambulanza che guidava come volontario per conto di una onlus (estranea ai fatti).
Dalle indagini dei finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Pavia e dello S.C.I.C.O. è anche emerso che alcuni degli arrestati avevano richiesto e percepito anche negli ultimi mesi il reddito di cittadinanza.