Non solo le accuse di maltrattamenti, per i “castighi spropositati” che avrebbero imposto ai bimbi della scuola dell’infanzia Calastri tra settembre 2018 e giugno scorso. Anche quelle di peculato, per essersi impossessate delle merende dei piccoli, considerate un bene pubblico, e di falso, per aver addossato sulle famiglie la responsabilità del malessere dei piccoli, nelle schede da inviare alla scuola primaria per formare le classi.
Sono dunque tre i reati ipotizzati dal pm MIchele Versini nei confronti delle due maestre dell’istituto cesanese, una 53enne di Cormano e una 54enne di Desio, al termine delle indagini preliminari. Per loro, ora, si profila la richiesta di rinvio a giudizio. Rispetto all’ordinanza per maltrattamenti emessa lo scorso ottobre, che ha imposto alle insegnanti l’interdizione dall’attività di esercitare l’attività professionale per nove mesi, il capo di imputazione è stato dunque integrato con altre accuse. Le indagate si sarebbero impossessate “per uso personale” di “bottiglie d’acqua, ceste di frutta, e pane”. Alimenti che invece avrebbero dovuto “somministrare ai minori a loro affidati”. Nel redigere i cosiddetti “profili d’uscita” di alcuni bimbi, inoltre, hanno scritto di “traumi subiti in famiglia”, o di fantomatiche dichiarazioni del padre di uno di loro, completamente inventate (“il papà riferisce che il piccolo si comporta male e che si trova costretto a picchiarlo, e che ricorda negli atteggiamenti il nonno, uomo violento e aggressivo”).
Condotta, quest’ultima, che avrebbe avuto lo scopo di sviare eventuali sospetti su quanto avveniva, secondo le indagini, all’interno della classe. Minacce, punizioni immotivate, ingiurie, strattonamenti, e, in qualche caso, anche sberle sulla testa, stando a quanto emerge dagli atti dell’inchiesta. “Prova ad alzarti e vedrai cosa succede, stai seduto o sono guai, non giochi più sciocco bambino che non sei altro, non giocherai per una settimana devi tacere, vedi di muoverti a colorare se no so guai, qua devi urlare, sono una roba fuori dal mondo, non ridere, chiudi quella bocca stai seduto e non giochi per tutta la settimana; dovresti solo piangere”, sono alcune delle frasi intercettate dai carabinieri, con i bimbi costretti anche tre ore fermi sulla “sedia della riflessione”.
Molto rappresentativa dell’atteggiamento delle due, è una conversazione riferita ai piccoli di cinque anni: “io dentro non voglio fare niente, in mano a questi bastardi, meno faccio e meglio sto, li guardo che si ammazzano, si accozzano, non me ne frega un c…, dare tutte le energie a dei pezzi di m…. così, ma vaff….che poi…chi è l’insegnante perfetto..non sono mica Santa Madre Teresa di Calcutta”. Le immagini riprendono un bambino costretto a stare seduto sulla sedia, con un tavolino spostato verso il petto in modo da impedirgli di alzarsi che prima dondola su sé stesso e poi si colpisce le gambe con i pugni. Come se, secondo un consulente nominato dal consulente del pm Michela Versini, “si costringesse a provare un dolore fisico per gestire la difficoltà psicologica di di restare seduto e fermo”.