«A qualcuno sarebbe mai venuto in mente di collocare un centro di smistamento profughi all’interno di un ospedale? A tutti gli effetti è questa la decisione che si sta compiendo perché noi siamo una struttura sanitaria accreditata». È questa la domanda che si pongono il presidente dell’Avis Provinciale di Milano Gianluca Basilari e il collega dell’Avis provinciale brianzola Roberto Saini . Sì, perché il centro Vittorio Formentano è il quartier operativo dell’unità di raccolta e la sede degli uffici di entrambe le Avis provinciali. E se fino a pochi giorni fa nello stesso stabile di via Bonaparte avevano come vicini gli assessorati della Provincia di Monza e Brianza che ora sono stati trasferiti a Monza, da qui a poco si troveranno fianco a fianco con l’hub destinato all’accoglienza.
Quando hanno letto le prime notizie dalla stampa, entrambi i vertici sono sobbalzati. «Al di là dell’amarezza per non essere stati avvisati preventivamente – spiegano- qui si sta parlando di un problema sanitario. La nostra struttura ha da una decina di giorni ottenuto l’accreditamento dall’Asl provinciale ed entro il 31 dicembre siamo stati in grado di ottemperare a tutti i requisiti previsti dalla normativa europea». Si tratta di una serie di direttive di sicurezza a livello strutturale, procedurale e di accoglienza dei donatori, circa 400 ogni settimana nei quattro giorni di apertura del Formentano, centro di eccellenza per la raccolta di sangue e plasma.
«La perplessità su questa scelta è forte- si prosegue- per la coabitazione che si verrà a creare. Nelle comunicazioni della Provincia si fa riferimento anche a screening sanitari e vaccinazioni e purtroppo non è possibile conoscere preventivamente il pregresso sanitario dei profughi che arriveranno. Solo lunedì scorso eravamo in Provincia per il rinnovo del contratto degli spazi del Formentano e ci era stato detto che gli ex uffici della Provincia sarebbero stati destinati ad un servizio di catalogazione e smistamento bibliotecario: a distanza di solo sette giorni tutto è cambiato». Così nella giornata di mercoledì Gianluca Basilari ha preso carta e penna per scrivere a Gigi Ponti. «Non vogliamo essere assolutamente tacciati di razzismo- spiega il presidente Roberto Saini- perché siamo un’associazione di volontariato e siamo i primi a volere che si risolva il problema dell’accoglienza ed in passato, per esempio, ho organizzato iniziative di coinvolgimento e sensibilizzazione alla donazione con la comunità islamica. In passato è capitato di dover rinunciare ad unità di raccolta sul territorio perché non era possibile l’uso esclusivo degli spazi, ed oggi ci troviamo in questa situazione. Nella speranza che, se si dovesse perdere quell’abituale contesto sereno, i nostri iscritti non rinuncino alla loro donazione abituale».