Carcere di Monza: detenuto sparge feci e dà fuoco alla cella, poi aggredisce cinque agenti

Nuovo episodio denunciato da Leo Beneduci, segretario generale dell’Organizzazione sindacale autonoma di Polizia penitenziaria che nei giorni scorsi ha manifestato davanti al tribunale per chiedere interventi.
Il carcere di Monza
Il carcere di Monza Fabrizio Radaelli

Ancora aggressioni nella casa circondariale di Monza. Qui venerdì primo aprile, in mattinata, un detenuto straniero ha aggredito cinque agenti di Polizia penitenziaria con calci e pugni. Non solo. Poco prima lo stesso detenuto – come riferiscono gli agenti coinvolti – ha sparso feci all’interno della sezione e dato fuoco alla sua cella.

«Il soggetto non è nuovo ad atteggiamenti di questo tipo e neanche a minacce e offese verso agenti e operatori», spiega Leo Beneduci, segretario generale dell’Organizzazione sindacale autonoma di Polizia penitenziaria che ha denunciato l’accaduto.

Un episodio ancora più significativo perché accade a soli tre giorni dalla manifestazione che si è svolta lo scorso 29 marzo davanti al tribunale di Monza, appoggiata da tutte le sigle sindacali della Polizia penitenziaria.

«L’amministrazione penitenziaria disattende le sue stesse circolari – continua Beneduci – dal momento che il detenuto che ha aggredito cinque agenti il primo aprile sarebbe dovuto essere trasferito molto prima. Ancora una volta dobbiamo constatare che le misure di contrasto dello Stato contro questo genere di utenza sono del tutto insufficienti e inefficienti. Per soggetti così pericolosi – aggiunge il segretario generale dell’Osapp – evidentemente non bastano le sanzioni disciplinari o le querele».

L’episodio accaduto al carcere di Monza solleva ancora l’urgenza di un intervento politico, come richiesto dalla stessa Polizia penitenziaria anche in occasione del sit – in davanti al Palazzo di giustizia. «Servono misure di contrasto alla gestione dei detenuti che ripetutamente mantengono condotte gravissime. Bisogna istituire subito protocolli e sezioni ad hoc per questo genere di detenuti», conclude Beneduci.

Tra le richieste avanzate dagli agenti della Polizia penitenziaria anche la possibilità di avere in dotazione dei taser come deterrente e l’adozione di dispositivi di protezione passiva. «Non bastano più proclami e parole di circostanza».