A stringere attorno al collo della vittima il filo di nylon, nel garage di una villetta tra la caserma dei carabinieri e il cimitero di Muggiò, sarebbe stato lui, Giuseppe Cammarata, detenuto per reati di mafia in regime di 41 bis – il carcere duro – al penitenziario di Viterbo. È lui, secondo i carabinieri, uno dei tasselli decisivi che compongono il mosaico dell’assassinio di Astrit Lamaj, classe 1971, pregiudicato albanese di Genova che sarebbe stato strangolato sei anni fa, a Muggiò, e successivamente trasportato a Senago per essere gettato in un pozzo sotto a un muro di Villa degli Occhi, un residence di lusso.
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Cammarata è stato raggiunto da ordinanza di custodia cautelare sabato scorso. Il giorno prima, la procura di Monza (pm Rosario Ferracane) che ha coordinato le indagini, aveva fatto eseguire 4 fermi nei confronti di di altrettanti indagati, tra cui spiccava la figura di Carmela Sciacchitano, ex amante della vittima, e presunta mandante dell’omicidio per motivi passionali ed economici. La ricostruzione dei fatti, che ha portato alla scoperta dei resti di Lamaj a gennaio, si basa sulle dichiarazioni (ancora al vaglio degli inquirenti) che Carmelo Arlotta ha iniziato a rendere mesi prima ai magistrati siciliani. Carmelo, oggi in carcere, viene dalla provincia nissena, ma per decenni ha vissuto a Muggiò con il fratello Angelo, anche lui accusato (assieme all’altro muggiorese Cosimo Serio) di aver preso parte all’omicidio. I due Arlotta sono finiti al centro delle cronache locali.
Si parla di loro nel 2015, per esempio, in relazione ad un arresto con accuse di turbativa d’asta, e tentata estorsione nei confronti di un uomo che si era aggiudicato a una vendita giudiziaria un capannone che era stato di loro proprietà. A luglio 2018, i carabinieri avevano dovuto faticare non poco per arrestare Carmelo Arlotta nella sua casa di via Montello, coinvolto in un’inchiesta di mafia della procura nissena. A dimostrazione ulteriore che il legame tra Muggiò e la provincia nissena, dove comanda il mandamento dei Cammarata (ritenuti dagli inquirenti fedeli a Riina e quindi “sanguinari” in puro stile corleonese) è molto forte. Lo stesso Giuseppe Cammarata, secondo quanto riferiscono fonti investigative, ha vissuto a Muggiò per un certo periodo.
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Era la sua abitazione quella in cui sarebbe stato ucciso l’albanese Lamaj, attirato in Brianza da Genova con la scusa di un appuntamento per una partita di droga. E durante la sua permanenza a Muggiò, i due Arlotta sarebbero stati a sua disposizione, in un ferreo legame tra compaesani. Cammarata, infatti, è considerato personaggio di spicco della cosca di Riesi, figlio del “boss” Pino, anche lui detenuto, ma a Sulmona, per fatti di mafia.