Besana in Brianza, la prima giunta Cazzaniga condannata a risarcire per la piscina mai costruita

La sentenza della Corte dei Conti chiude il caso “piscina” di Besana in Brianza, condannando la giunta del primo mandato di Sergio Gianni Cazzaniga al pagamento del risarcimento del danno in favore del Comune.
Besana, il municipio
Besana, il municipio

La sentenza della Corte dei Conti chiude il caso “piscina” di Besana in Brianza, condannando la giunta del primo mandato di Sergio Gianni Cazzaniga al pagamento del risarcimento del danno in favore del Comune. La Corte dei Conti – sezione seconda centrale d’appello si è pronunciata il 4 marzo, condannando Sergio Gianni Cazzaniga, Giancarla Arienti, Luciano Beretta, Luigi Pirovano, Antonio Pizzagalli e Pietro Sergio Spotti al pagamento di 6.512,62 euro a testa (più 3.056,67 euro per le spese di giustizia, che i sei devono pagare in solido).

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Laconica la dichiarazione di Cazzaniga all’indomani della pubblicazione: «Le sentenze non si commentano ma si rispettano e si eseguono. Questo è quello che intendo fare». Tanto che ha già inviato una Pec al Comune per ottenere gli estremi per il proprio versamento.

La sentenza – depositata il 12 aprile 2021 – mette la parola “fine” all’annosissima vicenda legale seguita alla mancata realizzazione dell’impianto natatorio del Mighinzano. Non senza qualche colpo di scena.

La “puntata precedente”, ossia la sentenza di primo grado della Corte dei Conti di Milano che si era riunita in udienza il 3 aprile 2019, aveva sentenziato un’assoluzione generale. Erano stati assolti tutti i 24 imputati, tra assessori e consiglieri del secondo mandato di Antonio Mauri e del primo mandato di Sergio Gianni Cazzaniga, e tra dipendenti comunali dal 1999 al 2009. A nessuno veniva ascritta la responsabilità di aver generato un “danno erariale” alle casse municipali, pari ai 390mila euro che il Comune di Besana dovette rifondere alle società Turra e Aqvasport per il forfait sul progetto piscina. Che l’esecutivo di Cazzaniga aveva archiviato deliberando “in autotutela”, nell’ottobre 2008, nell’annullamento della delibera che approvava il progetto definitivo dell’opera pubblica.

Tornando alla recente sentenza, emessa dalla sezione d’appello della Corte dei Conti, presieduta dal magistrato Andrea Lupi. Si legge nel dispositivo che “la giunta Cazzaniga decideva di adottare la delibera 219/2008” (quella sopra citata, nda) quando “la scelta non può che considerarsi (…) gravemente colpevole, essendo del tutto prevedibile la successiva soccombenza in giudizio e la consequenziale condanna al risarcimento del danno e alle spese del doppio grado. Nessuna efficacia esimente assume il parere espresso dal difensore incaricato dall’Ente di esprimersi sul punto”.

I toni si aggravano, poi, considerando la scelta dell’amministrazione Cazzaniga di affidarsi nuovamente all’avvocato che aveva già in precedenza consigliato erroneamente il Comune.

Così si legge: “L’aver poi continuato a chiedere indirizzi allo stesso professionista, recependone supinamente le indicazioni, appare sintomatico della gravissima superficialità mostrata dagli amministratori che, lungi dal collocarsi su un piano di sostanziale buona fede, ne aggrava assolutamente la posizione. Delle due l’una: o il livello di competenze e di conoscenze in capo al Sindaco e agli assessori era talmente scarso (come pure sembra sostenere taluno dei procuratori costituiti) da indurre a ritenere che la scelta di amministrare la “cosa pubblica” in un momento che richiedeva, peraltro, elevato acume e senso di responsabilità, sia stata del tutto inappropriata e, dunque, il successivo affidamento all’esterno altro non è stato se non il maldestro tentativo di colmare le lacune; oppure gli stessi amministratori hanno consapevolmente condiviso l’improvvido suggerimento riveniente dal professionista esterno, assumendo il rischio dell’esito processuale negativo. In entrambi i casi, sussiste la colpa grave”.

Ma torniamo alle cifre. La Corte dei Conti ha stabilito che la responsabilità va dichiarata per l’importo che la Procura ha ritenuto di dover addossare agli appellati. Vale a dire il 20% della somma liquidata alle imprese danneggiate, per complessivi 78.151,45 euro. Considerando però il concorso di altri soggetti e del consulente esterno all’amministrazione, la somma va dimezzata a 39.075,72 euro. Diviso sei, fa 6.512,62 euro a testa.

Agli altri appellati è stato riconosciuto il versamento delle spese legali per il grado di giudizio.