«Il primo pensiero è per Elio e Matteo e per le loro famiglie: ora per i loro ragazzi non possiamo fare più nulla». Inizia con queste parole la lunga lettera di Monza in bici spedita la vigila di Pasqua alla stampa locale, E se per il piccolo Elio Bonavita la magistratura sta lavorando per spiegare le cause della sua morte (LEGGI qui), per Matteo Trenti le cause sono purtroppo già ben note. «Siamo purtroppo costretti, nel giro di pochi giorni, a piangere un altro ragazzo, morto per la stupidità umana, per la mancanza di regole, per una cultura che nega la possibilità di trovare soluzioni per evitare che incidenti così si ripetano nelle nostre città – commentano amari dall’associazione – Sentire affermazioni come “la nostra città non è adatta alla circolazione delle biciclette” ci fa capire perché a Monza ci sia una mobilità ciclistica ferma agli anni ’60, quando il mito dell’automobile si affacciava nelle nostre vite».
E quindi «possiamo e dobbiamo dare sicurezza ai ciclisti, ai ragazzi, ai bambini, di uscire di casa in bici divertendosi, e di tornare senza problemi dai luoghi di lavoro e di studio. Quante lettere, comunicati stampa e manifestazioni in questi anni per chiedere questo nuovo modo di vivere nella nostra città. E di contro, tante parole sono state dette inutilmente, tante promesse sono rimaste inevase». Poi l’atto di accusa: «Non possiamo accontentarci di 50 metri di ciclabile che finisce nel nulla, quando le poche ciclabili esistenti sono abbandonate senza manutenzione. Quando per recarci alla stazione ferroviaria dobbiamo affrontare situazioni viabilistiche ai confini della decenza o siamo costretti ad interrompere le nostre pedalate per cartelli assurdi di “fine pista ciclabile” ». La situazione della mobilità ciclistica a Monza, e quindi della mobilità in generale, «è drammatica come poi si vede riflesso in tutte le classifiche sulla vivibilità delle città, in cui Monza è sempre agli ultimi posti».
«Tragedie come queste si possono evitare, non sono fatalità: ma bisogna agire, non bastano parole e dichiarazioni. I confronti statistici con il tasso di incidentalità nel resto d’Europea ci dovrebbe fare vergognare, spingerci ad agire: quanto dovremo ancora aspettare per vedere la vera sicurezza sulle strade di Monza – proseguono dall’associazione -. Dovremmo essere un paese avanzato, che progetta un futuro migliore. L’Expo porterà i cittadini del mondo a Milano (e speriamo anche a Monza), ma con quale faccia ci presenteremo a chi sta riducendo le auto, a chi progetta quartieri senza più macchine, a chi ha chilometri in continua espansione di metropolitane, di piste ciclabili? Non serve spendere miliardi: in tutta Europa ormai le ciclabili si fanno tracciando corsie ciclabili con della semplice vernice».