Due appartamenti in odore di pignoramento, il conto in banca bloccato e la riscossione di una ventina di affitti a rischio confisca. La Fondazione Porro rischiava la paralisi completa. Si può quasi dire che sia andata bene, con una condanna a risarcire solamente 150mila euro agli eredi di Ezio Pasquinelli, degente della casa di riposo di proprietà dell’Opera Pia deceduto nel giugno del 2009 all’età di 84 anni.
Le circostanze della morte (l’anziano, che era diabetico, fu portato in ospedale dove fu operato senza però più riuscire a riprendersi dal suo grave stato di salute) all’epoca non convinsero i famigliari ed i quattro figli decisero di citare in giudizio la casa di riposo e di riflesso la Fondazione Porro, proprietaria della struttura. Furono chiesti, in prima istanza, 180mila euro di risarcimento per ognuno dei congiunti. La richiesta fu anche accolta dai giudici ma dimezzata nell’importo dalla prima sentenza. Il Consiglio d’amministrazione su parere degli avvocati decise di ricorrere in appello. Ebbene, la sentenza d’appello al tribunale di Milano, arrivata negli ultimi giorni di dicembre, ha confermato la condanna per non aver garantito la giusta assistenza, ma ha ulteriormente diminuito l’importo dell’indennizzo in favore dei famigliari. È comunque bastato a spingere le autorità a bloccare conti e beni della fondazione a garanzia.
«Abbiamo appreso il contenuto della sentenza della Corte di Appello di Milano in relazione alla nota e triste vicenda di Ezio Pasquinelli e, riservandoci ogni azione in merito all’impugnazione della medesima, teniamo a precisare che la nostra gestione diretta della struttura sanitaria era cessata al 31 dicembre 2006, in favore della Cooperativa San Francesco e successivamente di San Lab», spiega il presidente della Fondazione Porro Roberto Redaelli.
«Quindi non può che apparire del tutto evidente come il decesso avvenuto solamente nel 2009 si sia verificato a distanza di due anni e mezzo, ben oltre il termine della gestione diretta da parte della Fondazione. Sebbene chiaramente dispiaciuti per tutto quanto occorso, non possiamo che esprimere ampie riserve e perplessità circa il nostro coinvolgimento – pur solidali con gli altri soggetti che hanno gestito la struttura – essendo assolutamente certa la mancanza di ogni nostra diretta gestione da oltre due anni e mezzo prima dell’increscioso e triste evento». Eppure la Fondazione è costretta a pagare gran parte del risarcimento (comunque ripartito con i gestori); anzi, ha già scucito 100mila euro per coprire le quote. «Nella speranza che i gestori ottemperino alla loro parte, altrimenti, secondo quanto i fatti esposti, ci riserviamo ogni possibile azione anche nei confronti degli affittuari della struttura».