Tra i provvedimenti adottati dal Consiglio dei ministri per il contrasto al Covid-19 e in vigore da lunedì 26 aprile c’è anche la conferma del coprifuoco dalle ore 22, che ci accompagnerà almeno fino alle soglie dell’estate.
Una misura, questa, contro la quale è forse necessario iniziare a prendere posizione. In primis perché decisamente difficile da annoverare tra le pratiche tipiche di un Paese democratico. In secondo luogo perché, se poteva risultare accettabile mesi fa, appare incomprensibile oggi, con la campagna vaccinale in pieno svolgimento, pur tra ritardi e problemi organizzativi, e la sofferenza di diverse attività produttive che anche nella ricca Brianza è oltre i livelli di guardia.
Sofferenza che un’apertura prolungata di almeno 60minuti in orario serale, come richiesto dalla Conferenza delle regioni, avrebbe certamente alleviato.
Giova a tal proposito ricordare come, da maggio a settembre del 2020, senza vaccini e sebbene non fosse in vigore alcun provvedimento similare, non vi sia stata alcuna ecatombe di decessi, ragion per cui si fa strada la sensazione che la scelta poco abbia a che fare con il contesto sanitario e, invece, assai di più con un metodo di governo emergenziale fattosi prassi consolidata. Nulla di nuovo d’altronde: cedere libertà in cambio di sicurezza può essere utile. Ma è anche (e sempre) un rischio.