Dall’ormai prossimo addio alle mascherine (quantomeno all’aperto e in zona bianca, come sancito dalla recente ordinanza firmata dal ministro della Salute) al divertimento in compagnia, il ritorno alla vita normale è sempre più un tema di stringente attualità. Purtroppo, però, non sempre solo in positivo: molteplici sono infatti, anche nel nostro territorio, gli episodi di esagitazione che stanno creando scompiglio in diversi centri urbani.
Così, mentre da un lato c’è chi già punta il dito contro la movida che, dopo un biennio di ubriacatura da puritanesimo a buon mercato e a reti unificate, sembra ormai essere assurta, suo malgrado, al ruolo di capro espiatorio di ogni male, in molti si dimenticano che i principali protagonisti di quegli episodi, giovani e adolescenti, sono la categoria che, dal 2020, ha più delle altre vissuto in una condizione di parziale sospensione del proprio percorso di vita. Vedendo quindi sospesa, nel contempo, anche la propria crescita umana, culturale ed emotiva.
Ecco, a fronte di questa consapevolezza, prima di accusare di irresponsabilità un’intera fascia anagrafica, bisognerebbe forse chiedersi cosa sia possibile fare, anche dal punto di vista educativo, per risarcire delle esperienze loro sottratte queste giovani vite. Che rappresentano, ben più di qualsiasi “digitalizzazione”, il nostro futuro.