A Carnate c’è una moschea nel centro sportivo. «Ma presto chiuderà»

Una moschea nel centro sportivo di Carnate. L’hanno aperta da qualche mese i fedeli mussulmani che vivono nella zona, che si sono dovuti inventare anche un’associazione sportiva ad hoc per utilizzare gli spazi. Ma ora rischiano lo sfratto.
A Carnate c’è una moschea nel centro sportivo. «Ma presto chiuderà»

Non continuerà a lungo la preghiera della comunità islamica nella palestra del quartiere stazione di Carnate.

Un paio di giorni fa, un incontro tra il gestore del centro sportivo di Carnate, Riccardo Malandrin, e il sindaco Daniele Nava ha stabilito (seppur in termini non ancora ufficiali) che anche la zona del campo di calcio all’aperto e della struttura geodetica, oggi utilizzata come “moschea”, venga risistemata come il resto del centro sportivo.

«Diventerà un polo di calcetto e, a meno che non richieda l’utilizzo del campo per attività sportive, non affitterò più la struttura all’associazione islamica che la sta utilizzando in questi giorni» ha detto Malandrin. Quest’ultima, che si chiama “Centro sportivo culturale di Carnate”, è stata costituita circa un mese e mezzo fa affinché la comunità islamica carnatese «facesse domanda di utilizzo di spazi pubblici come tutte le altre associazioni e potesse usufruire del centro geodetico» ha spiegato il primo cittadino carnatese, Nava.

Da tre mesi gli islamici di questo pezzo di Vimercatese si ritrovano ogni venerdì, dalle 12.30 alle 13.30, per un momento di preghiera comunitario guidato da un imam; vi partecipano dalle 80 alle 100 persone.

Lo stesso avviene il sabato e la domenica dalle 17.30 alle 21, ma i partecipanti, a detta dei responsabili, sono una ventina al massimo. I fedeli musulmani che partecipano a questi momenti non sono solo cittadini di Carnate, ma arrivano anche dai Comuni limitrofi (Bernareggio, Usmate, Lomagna…) e le nazioni di provenienza sono della più diverse: Marocco, Bangladesh, Egitto, Senegal, Italia. Tutte unite dalla fede islamica. La preghiera presso il centro sportivo, ultimamente, ha generato domande e perplessità tra i cittadini carnatesi, oltre ad aver messo il gestore del centro in una non facile posizione. «L’associazione mi paga un affitto per usufruire degli spazi, ma si sa che non li utilizzano per attività sportive – ha detto Malandrin prima dell’incontro con il sindaco avvenuto in settimana – Non posso prendermi io la responsabilità di dare il permesso per attività di questo genere, è una scelta politica».

In un rimpallo di competenze i vertici dell’associazione islamica venivano indirizzati, per le autorizzazioni del caso, al sindaco dal gestore del centro sportivo, e viceversa. «Abbiamo detto a Riccardo che, considerando anche che la struttura ha un costo, se la vuole usare per eventi non sportivi, lo può fare» ha spiegato Nava. Ma ecco che, al mutare delle carte in tavola, l’assenza di un accordo diretto tra Comune e associazione porterebbe all’interruzione delle condizioni per garantire la «libertà di culto» che l’amministrazione vorrebbe favorire.

Malandrin ha avuto l’affidamento diretto della gestione del centro sportivo pochi mesi fa, dopo fallimenti e vicissitudini varie delle società che si erano aggiudicate il bando in precedenza. Da allora, ha riqualificato la zona del tennis ed è tornato a far vivere il centro. Dopo l’ultimo incontro con Nava, l’attenzione del gestore si sposterà anche sui campi da calcio: «Affiderò a un collaboratore la sistemazione del campo da 7 esterno e del tendone, con campo da 5». Niente più possibilità di preghiera, insomma, per gli islamici.

«La nostra associazione è composta da circa 25 persone, di cui 5 sono i responsabili – ha spiegato Abu Jafar, uno dei membri – L’obiettivo che ci poniamo non è solo quello di pregare, ma quello di promuovere attività che facciano conoscere la lingua araba, la cultura, che diano supporto alle famiglie». E questo non solo a favore delle più di 300 persone musulmane che ruotano attorno all’associazione, ma anche «per aprirci e farci conoscere a chi non appartiene alla nostra cultura». Il responsabile dell’associazione, Reda Afify, si è laureato in Egitto e ha la funzione di imam; non abita a Carnate, ma alcuni amici carnatesi gli hanno chiesto una mano per «approfondire e conservare la cultura di provenienza, che si stava via via perdendo, e sviluppare l’integrazione e il dialogo interculturale in questo Comune – ha spiegato Reda – Questi obiettivi sono chiari dal fatto che la preghiera non è l’unica attività promossa: è stato attivato un corso di arabo frequentato da circa 40 bambini, in futuro vorremmo attivare un corso di italiano per stranieri e qualche iniziativa di integrazione».

Integrazione che passa anche da segnali concreti: il parco e le vie della stazione sono spesso pulite dalla comunità islamica.