Lissone, il calvario di chi non è malato Covid: «Lotto per curare mio marito ma è tutto bloccato»

Il racconto di Antonella Salmaso: «Medici e infermieri, sono stati di grande aiuto. Non così la burocrazia». Dopo il tumore il marito ha accusato fortissimi dolori alla mandibola. Prima di operarsi però ha dovuto superare innumerevoli ostacoli. Ha scritto anche a Gallera. Ora aspetta una seconda operazione ma deve sostenere molti esami
L’ospedale San Gerardo di Monza, dove si è curato il marito di Antonella Salmaso
L’ospedale San Gerardo di Monza, dove si è curato il marito di Antonella Salmaso

Da 4 anni lotta per il diritto alla salute del marito, in un’intricata matassa di ostacoli burocratici, lungaggini e impedimenti che la pandemia ha complicato. Antonella Salmaso, lissonese, ha deciso di raccontare la sua vicenda, di coraggio e determinazione, per dare forza a tutti coloro che si trovano di fronte ad una sanità fatta di operatori competenti e solidali, ma che purtroppo si scontrano a loro volta con la burocrazia che -come nel caso specifico- non sembra aiutare i più fragili. Il marito della lissonese, malato oncologico, sta affrontando non solo una durissima battaglia, ma anche un percorso perennemente in salita. La cui cima non è ancora raggiunta.

“La vicenda sanitaria di mio marito non è ancora risolta dopo 4 anni perché ci scontriamo con la burocrazia – spiega la lissonese – tuttavia, posso dire di aver incontrato persone gentili e disponibili e posso parlare solo bene di medici e infermieri che mi sono stati di grande aiuto”. Il 23 giugno 2017, al marito 54enne diagnosticano un cancro alla base della lingua. Visite e cure all’ospedale San Gerardo di Monza dove l’uomo deve effettuare i cicli di radio e chemioterapia. “Ci mettono davanti 5 impegnative e ci dicono di prendere i vari appuntamenti- spiega la donna – spiace che sia il cittadino a dover “smazzare” tutte le pratiche, passando da un ufficio all’altro per gli appuntamenti. In oncologia li ho subito, mentre in radioterapia mi viene detto che devo recarmi in un’altra struttura perché sono pieni. Ho i lacrimoni agli occhi- afferma Salmaso – mio marito come può fare?”.

E’ da questo momento che la lissonese riceve la piena solidarietà del personale sanitario, dei medici e degli infermieri del San Gerardo. Un sostegno morale d’ora in avanti sarà costante. “Ho spiegato il caso di mio marito e, valutata la situazione, riesco, senza prevalere su altri pazienti, ad avere il posto per le cure che procedono tutte (radio e chemio) al San Gerado” spiega. I cicli cui è sottoposto il marito sono forti e debilitano il fisico dell’uomo che a settembre 2017 accusa febbre alta. Avviene il ricovero nel reparto malattie infettive del nosocomio monzese e lì vi rimane per tre settimane. Dimesso, effettua i controlli regolari. “Puntuali e rigorosi” sottolinea Salmaso “a livello oncologico mio marito sta bene”. E’ il 2020 quando gli effetti di chemio e radioterapia riemergono con forza a livello mandibolare. “Dalla primavera, mio marito inizia ad avvertire un po’ di male che, pian piano, si fa sempre più forte – spiega la donna – il dentista ci invita a recarci in ospedale perché evidenzia una osteoradionecrosimandibolare.

Da questo momento inizia un calvario. Chiedo un’impegnativa, inizio a chiamare il centralino regionale, ma è tutto bloccato, tento di chiamare il San Gerardo, ma senza esito. Mi fiondo in ospedale, ma non ho più i miei punti di riferimento: il Covid ha “stravolto” l’organizzazione degli ambulatori. Cerco una risposta e la trovo, ancora una volta, nel personale. Una dottoressa, gentilissima, capisce il mio dramma e mi fissa un appuntamento con uno specialista. Nel frattempo mio marito va avanti ad antibiotici, effettua una tac e deve recarsi al maxillofacciale. Comincia la trafila per prendere l’appuntamento, fissato ad ottobre 2020. Chiamo il centralino regionale, nessuna risposta. Vado al Cup del San Gerardo, tutto chiuso per Covid.

All’ospedale trovo altre dottoresse che mi vedono stravolta e disperata. Le mandibole di mio marito si stanno frantumando, da giugno accusa un mal di denti fortissimo 24 ore su 24 e mi viene detto di aspettare sino a fine ottobre”. La donna, con la forza della disperazione, raggiunge un ambulatorio e spiega la situazione. “Ho avuto tenacia, se non avessi fatto così forse mio marito sarebbe morto – afferma – il Covid ha creato una lotta tra poveri, i medici sono incolpevoli perché loro farebbero qualsiasi cosa, ma si scontrano con un’organizzazione che è condizionata pesantemente dalla pandemia”. Il marito viene visitato il 16 ottobre e viene disposto un intervento urgente per il 17 novembre. Tutto bene? “Il 2 novembre ricevo una telefonata: intervento sospeso per Covid- spiega la moglie – mi sono cadute le braccia”. Ma Salmaso non si ferma. “Cerco disperatamente un ambulatorio libero in Lombardia attraverso il centralino della regione, trovo un posto all’ospedale di Bergamo, il 6 novembre. Corriamo là. Ci mettono di fronte all’urgenza, ma anche all’ennesima beffa: dal lunedì successivo l’ambulatorio sarà chiuso per Covid”.

La donna invia una mail all’assessore regionale alla sanità, Gallera. “Sono disperata e spiego la mia vicenda, ricevo una chiamata il 20 novembre dall’ospedale di Monza e il 2 dicembre mio marito fa l’intervento al San Gerardo. La lissonese si era recata anche all’Istituto Tumori di Milano, ma l’ intervento salta in quanto il marito non avrebbe potuto sopportare- vista la sua particolare condizione di salute – 24 sedute di camera iperbarica. “L’intervento al San Gerardo va bene, ma nel frattempo la mandibola è peggiorata e, controllo dopo controllo, tra gennaio e febbraio 2021, ci portano nella direzione di un altro intervento, più pesante- spiega Salmaso- siamo stati convocati il 1 marzo scorso.

L’intervento prevede la ricostruzione della mandibola con un osso della gamba. Prima servono molti esami per valutare se mio marito può sopportare tutto questo. Ad oggi siamo in stand- by, il Covid-19 rallenta inevitabilmente le tempistiche e compromette la funzionalità dei reparti. Vorrei far emergere- conclude- l’aiuto dei medici e degli infermieri che mi hanno sempre risposto anche in un anno complicato come quest’ultimo. Il mio è un grido di aiuto anche per loro che dimostrano che tutti hanno la stessa dignità, ma la burocrazia ostacola. Con la mia voce, una goccia in mezzo al mare, voglio dare forza a chi non ce l’ha, ma la forza vera l’ha avuta mio marito. Di fronte ad ambulatori chiusi, reparti spostati e telefonate senza ritorno, lotto per lui e per il diritto alle cure”.

L'autore

Giornalista pubblicista dal 1998, ascolto persone, racconto storie, modero eventi. Amo lo sport, ma sono molto di parte.