La Re Tech Life divorata dalle fiamme è pronta a ricominciare

Il primo pensiero è per i venti dipendenti, soggetti fragili e detenuti che si ritrovano senza lavoro e per i quali sta per partire la cassa integrazione. La Re Tech Life, cooperativa sociale che rigenera prodotti elettronici, rialza la testa dopo l’incendio della settimana scorsa.
Fiorenzo Risari
Fiorenzo Risari

«Noi non siamo morti. E come la fenice torneremo a volare. Se tutto va bene, già dalla primavera».

La Re Tech Life, cooperativa sociale che rigenera prodotti elettronici impiegando detenuti e persone che arrivano dal disagio sociale, rialza la testa dopo l’incendio della settimana scorsa. Così ha parlato Fiorenzo Risari, braccio destro dal 2019 di Giorgio e Alberto Biella.

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La prima cosa da chiarire è la possibilità di recuperare il capannone dove il fuoco ha divorato completamente l’area dei rifiuti elettronici e parzialmente anche quella dei prodotti rigenerati.

Lo stabile è inaccessibile perché ancora pieno dei residui del rogo: migliaia di bancali. Se, da perizia, l’agibilità risultasse non totalmente compromessa, si potrebbe avviare subito il programma di rinascita: primo, l’estrazione in sicurezza dei prodotti sopravvissuti e la bonifica dell’area meno compromessa per riavviare l’attività principale (i prodotti rigenerati); secondo, la ricostruzione della parte più compromessa quella dove vengono smontati i rifiuti Raee e il recupero dei componenti.

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Questa seconda attività sarebbe temporaneamente trasferita in un capannone a Ronco Briantino, acquistato nel 2019.

«Questo è lo scenario migliore – ha spiegato Risari – che ci permetterebbe di tornare in pista nell’arco di tre mesi e mezzo. Il peggiore ne richiederebbe 5. In questi giorni stiamo dialogando con l’assicurazione che ci mette in contatto con imprese specializzate nella bonifica e ripristino. Sarà dura ma non ci fermiamo e chiediamo l’appoggio di tutti coloro che possono darcelo: le ditte con cui lavoriamo che vorranno aspettarci, i sostenitori, le istituzioni”.

Gli vengono gli occhi lucidi quando parla dei dipendenti, soggetti fragili e detenuti che trovano qui una seconda possibilità, oltre 20 persone che si ritrovano senza lavoro: «Stiamo cercando come prima cosa di sistemare la loro situazione e già da questi giorni dovrebbe essere attivata la cassa integrazione».

Ma per qualcuno non solo questione di stipendio: i detenuti perdono così per mesi la libertà di lavorare, di ricostruirsi, di interagire con la società. Il disastro è avvenuto in una fase di decollo per la Re Tech che dal 2019, ha spiegato Riseri, aveva incrementato il fatturato (oltre un milione di euro) e che pianificava diversi progetti.
Uno prevedeva l’accoglienza di soggetti con un disagio particolarmente grave. Un altro la costruzione di uno spazio di accoglienza accanto ai capannoni per creare eventi di sensibilizzazione sui temi del riuso e della sostenibilità.