Legame tra Monza e Firenze: nel segno di Paolo Mantegazza e della storia dell’antropologia

Un legame tra Monza e Firenze tenuto saldo dall'antropologo Paolo Mantegazza: appuntamento in via del Proconsolo a Palazzo Nonfinito.
Monza Firenze Museo Antropologico Paolo Mantegazza
Monza Firenze Museo Antropologico Paolo Mantegazza

Il legame tra Monza e Firenze ha un indirizzo preciso: via del Proconsolo, Palazzo Nonfinito, Museo di antropologia. Siamo dietro il duomo di Santa Maria del Fiore, lontano dalle folle di turisti che assediano ora la capitale del Rinascimento, in un cortile tranquillo dove si affacciano anche alcune aule dell’Università di Firenze.
Per trovare ciò che lega questo luogo a Monza bisogna guardare il busto posto sulla destra del cortile. Raffigura l’antropologo e medico monzese Paolo Mantegazza (che Monza ricorda con una targa sulla sua casa natale di via Zucchi).

Legame tra Monza e Firenze: il primo Museo aperto da fondatore dell’antropologia in Italia

A Firenze si ricorda il fondatore dell’antropologia in Italia, docente a Firenze, realizzatore della prima sede del Museo di antropologia in cui si ritrovano anche alcuni dei reperti da lui portati in Italia dai suoi numerosi viaggi.
Il museo conserva ancora le vecchie armadiature in noce con vetrinette tipiche dei musei nati a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, ma ha saputo rinnovarsi con pannelli didascalici e consente al visitatore di ogni età di fare un viaggio intorno al mondo alla scoperta di popolazioni lontane, attraverso oggetti di uso comune, fotografie, costumi.

Monza Firenze Museo Antropologico Paolo Mantegazza
Monza Firenze Museo Antropologico Paolo Mantegazza

Legame tra Monza e Firenze: nel segno di Paolo Mantegazza, chi era

La nascita del museo porta la data del 28 novembre 1869, un tempo che intreccia la nascita dell’antropologia in Italia con il periodo di Firenze capitale.
Fino ad allora l’antropologia non era contemplata tra gli insegnamenti accademici e, proprio a Mantegazza, si deve il merito di aver dato dignità scientifica a questa disciplina.
Paolo Mantegazza frequentava Firenze in quanto deputato alla Camera eletto nel collegio di Monza. Era medico, laureato a Pavia nel 1854, aveva viaggiato per quattro anni in Sud America e questo lungo soggiorno gli diede l’idea di uno studio sistematico del genere umano e della varietà di popolazioni con cui entrò in contatto tra Argentina, Paraguay, Brasile. “Un vero laboratorio etnologico”, come lui stesso lo definì.

Un video, in una sala del museo, racconta la vita di questo uomo di scienza, appassionato e curioso e dell’influenza che ebbe su di lui la madre, Laura Solera, patriota del Risorgimento.
In Argentina Paolo Mantegazza sposò Jacobita che lo seguì in Italia nel 1858 quando il medico monzese ottenne la cattedra di Patologia generale a Pavia.
I suoi interessi però nel frattempo erano più concentrati sullo studio dell’uomo, dal punto di vista culturale e fisiologico.
Firenze sembrò a Mantegazza il posto migliore per impostare gli studi di antropologia incoraggiato dal professore Pasquale Villari che lo accolse nell’istituto di studi superiori dichiarando che l’antropologia è la prima pagina della nostra storia. Mantegazza ottenne dunque il trasferimento a Firenze attratto da “studi più conformi alla mia intelligenza”, convinto di “avere un pubblico più simpatico e più intelligente” e “di poter diventare il primo in antropologia, mentre come patologo non salirò mai a grande altezza”. Ottenne così la prima cattedra di Antropologia del Regno e anche la fondazione del museo per esporre al popolo incuriosito la diversità fisica e naturale dei popoli della terra.

Legame tra Monza e Firenze: nel segno di Paolo Mantegazza, le collezioni e gli altri antropologi nel museo

Oggi le collezioni comprendono 25mila manufatti e anche oggetti etnografici arrivati a Firenze nel Cinquecento grazie ai Medici, come una tromba da guerra del Congo e clave e mantelli dei Tupinamba che erano parte delle “Wunderkammer”, o “camere delle meraviglie” dei signori di Firenze.
Il museo propone un viaggio tra 25 sale dall’Africa (con le ex-colonie italiane di Libia e Somalia, ma anche Etiopia e Africa sub-sahariana), all’Asia (soprattutto Indonesia, ma anche le steppe mongoliche e gli Ainu del Giappone), dalle isole dell’Oceania alle tribù indigene dell’Amazzonia. Mantegazza ereditò le collezioni dei viaggi di James Cook e arricchì il museo con i reperti portati dai suoi viaggi in india e Lapponia.

Altri nomi di viaggiatori e antropologi che si incontrano delle sale sono quelli di Elio Modigliani per la Malesia, Fosco Maraini che visse tra gli Ainu di Hokkaido.
Si assiste lungo il percorso anche ad una evoluzione dell’antropologia: non più scienza per studiare popolazioni “selvagge”, ma usi e costumi di uomini come noi. Il museo, che fa parte del sistema museale universitario dell’Università degli Studi di Firenze, è aperto dal martedì alla domenica dalle 9 alle 17. Ingresso 6/3 euro. È inserito nella Firenze card e propone tante attività anche rivolte a famiglie e bambini.

L'autore

Il primo articolo a 13 anni e non ho più smesso. Al Cittadino dal 1992 ho scritto po’ di tutto con un amore incondizionato per Parco e Villa reale. Leggo molto e sono nella giuria del Premio Brianza.
Mi piace raccontare storie e possibilmente buone notizie. Le mie buone notizie sono i miei quattro figli e la nipotina!