«Le amicizie sono ciò che di più bello l’atletica mi sta regalando. Questi sono legami che mi resteranno nella vita». È stato questo uno dei passaggi più significativi dell’incontro che mercoledì 9 aprile, nell’ambito della programmazione di Seregno città europea dello sport, ha visto protagonista ne L’Auditorium di piazza Risorgimento Filippo Tortu, il velocista caratese campione olimpico nella staffetta 4×200 metri a Tokyo nel 2021, che ha risposto alle domande di Lisa Offside e di Walter Proserpio, dopo l’iniziale introduzione del sindaco Alberto Rossi e dell’assessore allo Sport Paolo Cazzaniga.
Atletica leggera: decisivo un documentario su Livio Berruti

Tortu, in questa circostanza, ha anche ripercorso il suo rapporto con il territorio locale, che lo ha visto frequentare per un biennio il collegio Ballerini, in coda al ciclo della scuola dell’obbligo. «In quel periodo -ha scherzato-, riuscivo a fare i compiti solo sul pullman, nel tratto tra Seregno e Carate. O meglio, io copiavo la metà dei compiti, mentre mio cugino, che era in classe con me, copiava l’altra metà. Poi al mattino seguente ci scambiavamo il materiale». L’excursus ha riassunto una carriera nel pieno del suo svolgimento: «Credo che la mia qualità migliore sia la determinazione. Serve determinazione, per raggiungere gli obiettivi. Da bambino ero tranquillo: penso di non aver mai creato troppi problemi ai miei genitori. A scuola me la cavavo. Ho sempre amato lo sport: ho praticato altre discipline, come il calcio ed il basket, oltre all’atletica. Il mio primo trofeo con l’atletica l’ho vinto a 4 anni, in una gara sui 40 metri, e lo conservo ancora. Dell’atletica mi ha fatto innamorare un documentario sulle olimpiadi di Roma del 1960, che raccontava anche il successo di Livio Berruti».
Atletica leggera: l’incredulità per l’affermazione olimpica

La sua è stata una parabola felice: «L’atletica è uno sport oggettivo. Da piccolo, vincevo tutte le gare o quasi. Poi, da adolescente, ero il più minuto del gruppo ed anche le ragazze mi battevano. Quando mi sono sviluppato, verso i 17 anni, ho capito che questo sarebbe stato il mio futuro». Un futuro che gli ha regalato la medaglia d’oro a Tokyo: «L’obiettivo era entrare nei primi otto. Pensavamo di piazzarci quinti, il sogno era arrivare terzi. Il giorno della finale, però, c’era la convinzione di poter vincere. Non eravamo preparati: quando ho tagliato il traguardo, mi sono messo le mani nei capelli per l’incredulità». Il dopo è al momento ancora un punto interrogativo: «Non so cosa farò. Magari mi fidanzerò. Sono single da 7 anni ed è il legame più duraturo che ho avuto».