Monza, denunciato perché chiede l’elemosina: il giudice lo assolve

Assolto dal giudice di Monza il questuante rumeno, molto noto in città, che era stato denunciato secondo la specifica ordinanza comunale. La motivazione: «È generica e l’imputato poteva non esserne a conoscenza».
Mendicanti
Mendicanti Radaelli Gianni

Nessuna sanzione penale il questuante rumeno di 44 anni senza una gamba, molto conosciuto a Monza, spesso avvistato a chiedere l’elemosina al semaforo di via Cesare Battisti. L’uomo era imputato in tribunale a Monza poiché, non rispettando l’ordinanza sindacale “anti questua”, aveva violato secondo l’accusa “l’ordine impartito dall’autorità competente in fatto di giustizia, sicurezza pubblica, ordine pubblico o d’igiene”.

Ma il giudice del tribunale di Monza, Elena Zanetti, lo ha assolto. Assoluzione richiesta anche dalla Procura rappresentata dal vice procuratore onorario, Morena Albanito. L’imputato è stato difeso dall’avvocato Paolo Pozzi del Foro di Monza. Il questuante è stato assolto perchè il fatto non sussiste.

L’assoluzione è stata la conseguenza naturale di una recente sentenza emessa dal tribunale di Monza (giudice Francesca Bianchetti) secondo cui la penale responsabilità dell’uomo non è ravvisabile poiché le ordinanze sindacali sono generiche e non specificatamente rivolte al soggetto in questione. In sostanza il questuante, più volte pizzicato dagli agenti di polizia locale al semaforo a chiedere l’elemosina agli automobilisti in transito sul viale, poteva non essere a conoscenza del provvedimento sindacale viste le caratteristiche di non specificità del documento.

Paradossalmente se il documento fosse stato diretto in maniera specifica contro il questuante, ravvisandone un pericolo, in particolare, in fatto di intralcio e di pubblica sicurezza, sarebbe stata emessa probabilmente una sentenza di condanna.

In questo senso le motivazioni della recente sentenza di assoluzione che hanno fatto assolvere venerdì il rumeno sono piuttosto chiare: «Ai fini della configurabilità del reato – si legge nella sentenza scritta dal giudice Bianchetti – è necessario che l’inosservanza riguardi un ordine specifico impartito a un soggetto determinato, in occasione di eventi o circostanze tali da fare ritenere necessario che proprio quel soggetto ponga in essere una certa condotta ovvero si astenga da una certa condotta e ciò per ragioni di sicurezza o di ordine pubblico, di igiene o di giustizia. È necessario inoltre che l’inosservanza riguardi un provvedimento adottato in relazione a situazioni non prefigurate da alcuna specifica previsione normativa che comporti una specifica e autonoma sanzione».

«Non ha le caratteristiche indicate – ha chiarito la sentenza – e quindi la sua inosservanza non può integrare il reato di cui all’articolo 650 cp».