Addio a Ernesto Cardenal, che usò la poesia come cura dei bambini ammalati in un progetto nato con Monza

È morto domenica in Nicaragua Ernesto Cardenal: teologo, ministro della cultura e candidato al Nobel che aveva iniziato i laboratori per insegnare a ogni bambino ammalato come scoprirsi poeta. Il ricordo dell’ematopediatra Giuseppe Masera, ex direttore dell’oncologia pediatrica di Monza, che con lui avviò un progetto tra Managua e la Brianza.
Una foto di Giuseppe Masera con il poeta Ernesto Cardenal e Fernando Silva, già direttore del centro pediatrico di Managua
Una foto di Giuseppe Masera con il poeta Ernesto Cardenal e Fernando Silva, già direttore del centro pediatrico di Managua

«Una personalità straordinaria» dice Giuseppe Masera e un po’ la voce si rompe nel ricordare quell’uomo con cui ha condiviso un progetto così importante: lui è Ernesto Cardenal, teologo, poeta, candidato a premio Nobel, ministro della cultura del governo sandinista del Nicaragua morto a 95 anni a Managua domenica, il primo marzo. La persona con cui negli anni Ottanta è nato un progetto visionario: andare negli ospedali con bambini ammalati, oncologici, a insegnare loro che tutto è poesia. Che tutti sono poeti. E capaci, con i versi, di dire anche l’impronunciabile.

Giuseppe Masera è l’ex direttore dell’oncologia pediatrica di Monza: era stato lui a fondare una scuola al San Gerardo che ancora oggi è punto di riferimento internazionale.
«La sua scomparsa mi emoziona: abbiamo fatto un bellissimo percorso da quando lui è venuto in Italia».
Il progetto ha origini ancora più lontane: negli 1986 il professore Masera riceve un appello da Fernando Silva, pediatra e poeta nicaraguense, direttore dell’unico ospedale pediatrico polispecialistico del paese, La Mascota: “Quando facciamo diagnosi di leucemia o di tumore maligno, con la mia penna devo disegnate accanto al suo nome una piccola croce nera. È destinato a morte certa. Non abbiamo farmaci, specialisti, strutture per curare ed offrire almeno la speranza di guarigione. Chiediamo collaborazione per creare un centro di oncologia pediatrica”.

Così è nata la collaborazione ancora attiva tra Monza e Nicaragua, ma dal momento che il Paese del Centro america è “terra di vulcani e di poeti”, conta anche sulla presenza di Cardenal, che da ministro (e poeta, appunto) aveva dato vita ai laboratori di poesia con verso libero “basati sulla intuizione che in ogni essere umano c’è un poeta potenziale in grado di esprimersi in versi senza necessariamente seguire i canoni della poesia tradizionale”, come scrive Masera nella prefazione di un libro ormai in uscita e dedicata a un’altra esperienza figlia di quell’idea.

«L’ho incontrato a Reggio Emilia e gli ho proposto di fare poesia, che lui aveva iniziato con contadini e militari dopo la rivoluzione, anche con i bambini ammalati. All’inizio era perplesso. Poi ha accettato. Io dicevo: i bambini sono creativi, potrebbero essere avviati a scrivere anche poesie. D’altra parte la sua idea era questa: che tutti siano in grado di farlo e che non serve rispettare regole per scrivere in versi. Ed è un mezzo di espressione che consente di dire cose altrimenti difficili».

Da quel giorno il progetto ha preso vita prima a La Mascota e poi anche a Monza, con la presidente della Casa della poesia, Antonetta Carrabs, che nel 2009 è entrata nei reparti dei bambini in cura per tumore e ha tenuto con loro diversi laboratori. Da quel progetto è nato anche il libro “I miei sogni son come conchiglie”, pubblicato da Bur Ragazzi nel 2011 e ancora catalogo.

I progetti di Cardenal hanno invece dato vita a “Sarebbe triste se non ci fosse l’arcobaleno” (tradotto anche in Italia) e “Me gustan los Poemas y me gusta la Vida”. L’onda poetica e terapeutica non si sarebbe fermata lì: nel 2014 a Milano e a Monza, con Milton Fernandez, Carrabs e Masera aprono anche il progetto “Poeti fuori strada” con l’obiettivo di portare i laboratori di poesia all’interno di case di riposo per anziani, “grazie alla generosa collaborazione di poeti che accettano di lasciare per alcuni momenti il loro ruolo di poeta per trasformarsi in facilitatori”.
A Monza l’idea viene sviluppata al Residence San Pietro a partire da marzo 2014 e poi un giorno viene in mente ai promotori che forse era necessario dare un nome all’esperienza. Perché no, si dicono: “Laboratori di Poesia Ernesto Cardenal”. Ovviamente serve una via libera, che arriva: il poeta nicaraguense accetta con onore di dare il proprio nome all’iniziativa monzese.

«Dopo quindici anni i Laboratori di Poesia Ernesto Cardenal possono essere considerati una risorsa, piccola ma significativa, a conferma del valore taumaturgico della poesia, anche con verso libero – scrive ancora Masera nella prefazione di ’Poeti Fuori Strada’ in libro in uscita a breve a cura di Carrabs, pubblicato da NemaPress edizioni, che raccoglie premesse e risultati del progetto – Per i partecipanti residenti l’appuntamento del mercoledì è stato un momento di serenità, ha consentito di sentirsi parte di una piccola comunità comunicante al di là della relativa afasia che caratterizza la vita dei residenti. La poesia ha consentito di esprimere sentimenti, ricordi personali selezionati tra i più positivi».

E le perplessità iniziali di Cardenal? Svanite. Avrebbe poi scritto: «Io non mi aspetto il Giorno del Giudizio Finale con particolare ottimismo, ma prevedo che una delle poche cose positive che mi verrà detta sarà: io ero un bambino malato di cancro e tu mi hai insegnato a fare poesia».