Seregno: Vittorio Sironi ripercorre la storia delle maschere della salute, dal Rinascimento al coronavirus

Vittorio Sironi, neurochirurgo, storico e antropologo, insegna storia della medicina e della sanità e antropologia medica all’Università di Milano Bicocca, dove dirige il Centro studi sulla storia del pensiero biomedico. In un libro ha ripercorso la storia delle mascherine utilizzate per la salute
Il seregnese Vittorio Sironi che l'ultima fatica " Le maschere della salute"
Il seregnese Vittorio Sironi che l’ultima fatica ” Le maschere della salute” Paolo Volonterio

E’ recentemente uscito per le edizioni Carocci di Roma il volume del seregnese Vittorio Sironi “Le maschere della salute- Dal Rinascimento ai tempi del coronavirus”.

Consigliate o addirittura obbligatorie in questo tempo di pandemia, le mascherine protettive sono entrare a far parte della nostra vita, diventando il simbolo visibile dell’emergenza che stiamo vivendo. Una barriera protettiva per impedire il contagio, un confine per separare la parte sana da quella malata, un nuovo indumento che cela parte del viso rendendo difficile riconoscere la nostra identità e impedendo la comunicazione non verbale.

“Queste “maschere della salute”- ha detto Sironi- hanno una lunga storia sanitaria: dalle maschere della peste alle mascherine chirurgiche, dalle mascherine filtranti alle maschere rianimatorie, e sono diventati strumenti di prevenzione anche nel lavoro e nello sport. Il loro significato supera talvolta la dimensione sanitaria e la funzione protettiva, assumendo una rilevanza simbolica con implicazioni piscologiche e sociali, culturali e antropologiche: tutte dimensioni che, insieme al percorso storico-sanitario, sono analizzate dall’autore nel volume. Portare la mascherina è oggi un gesto semplice e importante: non solo in funzione anti-contagio. Certamente difende dal nuovo coronavirus, ma diventa anche un forte richiamo per un cambio radicale: della nostra esistenza e della nostra prospettiva culturale. La maschera può nascondere e ingannare, ma anche rivelare e proteggere”.

E’ il contesto in cui la maschera viene usata che ne definisce la funzione e il significato. Celando il volto rende irriconoscibili, permettendo di usare il mascheramento sia per perpetrare nefandezze e crimini, sia per compiere anonimi atti di legittima protesta o addirittura di giustizia. Indossandola è possibile anche ingannare gli altri riguardo la propria identità. Spesso serve solo durante l’effimera finzione che si attua nelle recite teatrali o nelle feste carnevalesche, altre volte assume una dimensione più duratura sotto il profilo esistenziale, come magistralmente evidenzia la narrativa pirandelliana quando esplora il carattere ingannevole delle maschere (una, centomila, nessuna) che indossa il nostro io nella recita della vita, col rischio che nelle molteplici identità che si configurano in tal modo l’unica vera si smarrisce e non si trova più. Ma più spesso di quanto si creda la maschera rivela (la personalità) e protegge (la vita).

In particolare sin dalla loro origine le cosiddette “maschere della salute” hanno rappresentato uno strumento importante dal punto di vista medico e sanitario: per difendere, prevenendo il contagio e l’infezione tra gli individui, per aiutare, sostenere e curare il malato, per preservare la salute in guerra e in pace, per salvaguardare l’incolumità sul lavoro e nelle attività sportive. Anche in epoca di vaccinazioni, di antibiotici e di antivirali, dunque le maschere salvano la vita. Oltre che una storia, esiste anche una scienza e un’etica delle maschere della salute.

L’evoluzione storica di questi presidi s’intreccia inevitabilmente con le tappe che hanno segnato il percorso del pensiero medico e della pratica sanitaria. Vittorio Sironi, neurochirurgo, storico e antropologo, insegna storia della medicina e della sanità e antropologia medica all’Università di Milano Bicocca, dove dirige il Centro studi sulla storia del pensiero biomedico. E’ autore di numeri libri sulla storia della malattia e della salute.

Paolo Volonterio