Seregno, il Tar sospende l’abbattimento del Country: la rabbia della famiglia, la precisazione del Comune

Il Tar lombardo ha sospeso l’ordinanza comunale: la pizzeria Country non deve abbattere la sala esterna, ma per il Comune resta abusiva. Santo Sculli si sente «vittima di una persecuzione e di un accanimento», rabbia condivisa dalla figlia che da gennaio è la nuova titolare. La precisazione del commissario prefettizio Cananà.
Seregno - La sede della pizzeria Country di via Colzani
Seregno – La sede della pizzeria Country di via Colzani Paolo Colzani

«Sono molto arrabbiato. Mi sento vittima di una persecuzione e di un accanimento. Che senso ha vietare a mia figlia l’utilizzo dello spazio, dopo che il Tar ha sospeso l’ordinanza per il suo abbattimento?».

Santo Sculli ha commentato così la decisione adottata dal Tar della Regione Lombardia in merito al ricorso che ha presentato, avverso all’ordinanza di chiusura della sua pizzeria Country di via Colzani emessa dal Comune di Seregno, dopo un accertamento dell’ufficio antimafia della Prefettura di Monza e Brianza, per la possibilità di infiltrazioni mafiose, ed al parallelo provvedimento, deciso sempre dagli uffici comunali, con cui gli era stato intimato l’abbattimento della parte coperta esterna alla sede, che poggia su suolo pubblico ed è stata giudicata abusiva, in quanto ritenuta non amovibile come avrebbe dovuto essere in base alle prescrizioni.

Il collegio giudicante, presieduto da Angelo De Zotti e composto anche dal consigliere estensore Mauro Gatti e dal primo referendario Oscar Marongiu, ha accolto la domanda cautelare di sospensiva limitatamente alla demolizione delle opere ed al ripristino dello stato dei luoghi, sulla scorta del grave ed irreparabile pregiudizio che deriverebbe a Sculli dalla loro esecuzione, ed ha invece respinto l’impugnazione dell’interdittiva antimafia.

Quest’ultima era stata originata dall’arresto in autunno, nell’ambito dell’inchiesta “Dedalo”, condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano e dalla Procura della Repubblica di Monza, di Massimo Salvatore Sculli, figlio di Santo, coinvolto in un giro di traffico di sostanze stupefacenti e considerato responsabile anche di detenzione abusiva di armi e munizioni.

Tra l’altro il Country, che subito dopo Natale ha riaperto con una nuova segnalazione certificata di inizio attività, che indica come titolare Caterina Sculli, altra figlia di Santo, e che è già stata oggetto di una richiesta di approfondimento all’ufficio antimafia della Prefettura da parte del Comune di Seregno, proprio per il tramite di Sculli junior era diventato, secondo gli inquirenti, il luogo di incontro di affiliati alla ’ndrangheta del locale di Limbiate e di quello di Mariano Comense.

In entrambi i casi, ora l’udienza per la discussione di merito è fissata per mercoledì 9 maggio.

«La parte esterna – ha continuato Sculli senior – oggi come oggi non è utilizzabile e siamo sottoposti a verifiche giornaliere per questo. Ma qual è il motivo? Così il locale rischia di chiudere di nuovo, questa volta per mancanza di clienti. Il sabato e la domenica, nelle giornate di maggior afflusso, la clientela dove può fermarsi a mangiare?». La rabbia del padre è condivisa da Caterina Sculli: «Siamo maltrattati perché ci chiamiamo Sculli di cognome, non c’è altra spiegazione. Ho domandato più volte un incontro al commissario straordinario Antonio Cananà, ma lui non ci riceve, come non ci ricevono i dirigenti comunali. Ci stanno mettendo in croce e non è giusto. Se mio fratello ha sbagliato, la magistratura lo accerterà e gli presenterà il conto. Far pagare a noi i suoi errori, però, non mi sembra corretto».

«Nessun accanimento nei confronti della famiglia Sculli – precisa il commissario prefettizio Antonio Cananà in una nota – solo la ferma necessità che essa, come qualunque altro operatore commerciale, operi nel rispetto delle leggi che impediscono di utilizzare per scopi commerciali immobili privi di regolarità edilizia e di titolo concessorio all’occupazione di suolo pubblico».