Monza verso le elezioni comunali 2017: Paolo Piffer si candida

VIDEO Piffer si candida - Ha rotto gli indugi prima di quanto annunciato, il consigliere comunale Paolo Piffer: sarà candidato a Monza alle comunali del 2017. Solo poche settimane fa l’intervista al Cittadino: ecco chi è e cosa pensa.
Paolo Piffer
Paolo Piffer Fabrizio Radaelli

Il consigliere comunale di Monza Paolo Piffer ha deciso: si candiderà anche alle elezioni comunali del 2017. Di fronte avrà quasi certamente il sindaco uscente Roberto Scanagatti e un candidato del centrodestra, Dario Allevi e Domenico Riga sono le persone che si sono fatte avanti finora. Lui nel 2012 è stato eletto, sui banchi delle minoranze, per due liste civiche. Oggi le cose sono cambiate. Ma lui ci prova. A metà novembre, prima di sciogliere le riserve sulla sua candidatura, in un’intervista al Cittadino aveva parlato così.


VIDEO La presentazione ufficiale della candidatura

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«Ho dato tutto quello che potevo dare e ho fatto tutti gli errori che potevo fare. Di conseguenza ho imparato tanto. Avevo 31 anni appena compiuti. Ne ho 36». Parte da qua Paolo Piffer, l’anomalia di Monza: nel 2012 si è candidato sostenuto da due liste civiche a bassissimo tasso anagrafico, è entrato in consiglio e non l’ha più mollato, nel senso più stretto: da quel giorno è il detentore senza rivali del record di presenze in aula. Cinque anni dopo è cambiato molto: con CambiaMonza, una delle due liste , il divorzio è stato crudo (e c’è chi giura che potrebbero sostenere Dario Allevi per il centrodestra), PrimaVera Monza sembra sfaldarsi (e sembra abbia ricevuto le lusinghe del centrosinistra). Insomma, un pezzo di qua e uno di là, se fosse vero. Lui no. Il che non significa che finisce qui. «Mi do tempo fino a fine novembre per capire e se ho le energie per mettermi in gioco. E poi fino a dicembre per scoprire chi c’è e chi no con me. Ma non faccio altri cinque anni così. E mi candido è solo se c’è la possibilità di fare un piccolo miracolo».

Il miracolo è vincere?
Il miracolo è vincere. Arrivare al ballottaggio e poi vincere. Scanagatti ci sarà. Spero che gli avversari siano tanti progetti spezzettati dall’altra parte. Come a Roma, Torino. Non è impossibile. L’obiettivo è arrivare al 15, 16%. Potrebbe bastare.

Facciamo un passo indietro: cosa resta di cinque anni.
La politica è un universo parallelo Mi sono candidato con l’ingenua curiosità di chi voleva approfittare di questa occasione, oltre che per dare un contributo alla città, per capire di più dell’uomo. Mi sono scontrato con aspetti umani inattesi.

Tipo?
La sensazione simile a quando ero tirocinante nei centri diurni psichiatrici, con la differenza che non c’è distinzione tra educatore e paziente.

Cosa cambia fuori e dentro il palazzo?
Quando ci si parla la percezione è che non si dica mai la verità. Un po’ come gli attori a teatro: un attore che parla al suo interlocutore sul palco. Dici la battuta fingendo che sia vera, ma non parli realmente con lui, parli a chi ti sta guardando dal pubblico a chi speri che ti ascolti. Il pubblico a teatro, gli elettori in politica. “A me non interessa che tu mi creda, ma che mi credano gli altri, quelli che votano”. La sfida vera è non diventare così.

Dipende dai partiti?
C’è una componente umana fisiologica. Il partito è qualcosa di… non so. Sono sempre stato appassionato di politica. Pensavo il partito fosse un insieme coordinato di persone che condividono idee e progetti e si organizzano. Ma non è così. C’è chi entra per cercare una fidanzata, chi lo fa per la carriera, per interessi economici, per dare un contributo ma accusa una sua fragilità che dev’essere compensata da un gruppo. In questo le idee politiche sono l’ultima preoccupazione. E lo dimostra il fatto che ci sono più conflitti nei partiti che fra partiti. Lì dentro tutti sanno che senza l’altro sarebbero meno potenti.

Come se ne esce?
Riuscire a convincere più persone che la strada è un’altra. Bisogna essere bravi, possibilmente molto ricchi, avere tempo.

Il Movimento 5 stelle direbbe: siamo noi, vieni.
Il Movimento 5 stelle, al netto di chi lo rappresenta a Monza, è un partito. Ho provato simpatia per il movimento. Oggi fanno quello che fanno gli altri: come Brunetta.

E come si fa allora?
La scommessa del politico dovrebbe essere non avere niente da perdere. Se ti approcci per dare un contributo, è semplice: la tua decisione deve prescindere dal consenso. Devi essere disposto a perdere voti. La politica non è disposta a farlo. È il ricatto sociale cui sono sottoposti i partiti. Nascondendosi dietro l’assioma “se non faccio così, vince l’altro”: io del Pd accetto le c*** di Renzi perché sennò vincono gli altri.

A Monza?
Se nel 2017 la gente non votasse ancora Scanagatti per votare di nuovo la vecchia amministrazione ignorando quanto è successo, il rischio è alto: rimanere fermi. Scanagatti ci ha messo tre anni per azzerare quello che hanno fatto i predecessori. Che è quello che farebbero gli altri nel caso vincessero.

Un esempio.
L’ex macello. Ci troviamo a pagare milioni di danni perché questa amministrazione si è messa di traverso su un progetto approvato. Il sindaco spiega perché lo ha fatto. Non importa: se chi viene dopo cancella quello che c’è, la città resta immobile. Che abbia ragione uno o l’altro è irrilevante a livello sociale.

Perché non le piace il sindaco?
Dopo 35 anni che fai amministrazione pubblica dovresti avere l’onestà intellettuale di dire “mi piacerebbe ancora dare un contributo”, ed è legittimo, “ma mi sposto, aiuto altri”. Che magari ha idee nuove.

Sarebbe in grado di fare il sindaco?
Non lo so. Ma credo sia la risposta sana. E come definirsi un potenziale ottimo genitore prima di avere figli. Sei pericoloso. Preferisco chi dice: non lo so, so che ce la metterei tutta. Voglio rivendicare questa fragilità. “Ci penso io”, chi dice “ti risolvo io il problema”, è politica morta.

Si candida, quindi.
Non lo so. Ho una voglia matta di non farlo. Ho vissuto situazioni che mai avrei pensato. Ci sono state amicizie compromesse.

E ha perso un pezzo.
Sì.

C’entra?
Certo. Non sono più di CambiaMonza, solo di PrimaVera Monza.

Ma non l’ha mai spiegato.
Non l’ho fatto perché è come ascoltare due genitori che si sono separati. Sono stato disposto a perdere pezzi perché non volevo venire meno all’impegno con i cittadini. Non ho voluto tollerare cose che ritengo inaccettabili.

Su scelte concrete?
Anche. Oltre a legittime antipatie personali o simpatie (silenzio, ndr). Sa da quanto aspetto la domanda? Un anno e mezzo. Ma sono in difficoltà. Non voglio sfogarmi. Persone che mi accompagnavano ci sono. Altre no: e sembra che abbiano scelto un’altra strada.

Quindi Piffer si può candidare?
Solo se riuscissi a mettere insieme una lista civica che sia un capolavoro. Ho in mente le persone.

Una cosa buona su Scangatti.
Se fossi sindaco lo vorrei come consulente per i bilanci.

E un suo assessore?
Rosario Montalbano.

Ma è della generazione di Scanagatti…
Vero: ma ha la forza di non anteporre sempre l’interesse di partito a quello collettivo. Non è da poco.

Allora in consiglio.
Nicola Fuggetta (M5S), uno dei più bravi: arriva preparato, studia a casa. Non improvvisa in aula, che non sarebbe nemmeno difficile: arrivi, la spari, i giornali la riprendono.

Il risultato migliore finora?
Il risultato politico lo lascio a chi vota. Il risultato umano è quotidianamente persone mi dimostrano affetto e stima.

E l’errore…
(pausa) Nel 2012 ho fatto finta di non capire certe cose, sperando che non emergessero mai. Non è stato così.