Monza, 40 anni dopo l’ex alunna Elena Fossati ritrova la sua maestra: tutto è iniziato da un tema e un “galantuomo”

La bambina del 1981 risponde all’appello del Cittadino e si prepara a incontrare Maria Clara Villa che è stata la sua insegnante alla De Amicis quando era alle elementari. Tutto è partito da una ricerca di Stefania Castiglione.
Monza, la maestra Maria Clara Villa
Monza, la maestra Maria Clara Villa Fabrizio Radaelli

Alla fine si sono ritrovate, Helen e la Capitana. Non si sono ancora incontrate di persona, ma quello è solo questione di giorni. In questa settimana, da quando il Cittadino ha pubblicato lo scorso giovedì la storia di Elena Fossati, alunna della De Amicis che nel 1981 partecipò al concorso indetto dall’allora Associazioni industriali per raccontare i mestieri e le eccellenze della Brianza, utilizzando quel termine “galantuomo”, tanto nobile quanto desueto in bocca a una bimba, allieva della maestra Maria Clara Villa, il destino delle due donne si è di nuovo intrecciato. Questi giorni sono serviti ad entrambe per ripercorrere quegli anni, per ritornare con la memoria all’inizio degli anni Ottanta. I suoi studenti la chiamavano così, la Capitana, per quel suo fare marziale, perché prima di farli uscire dal cancello al termine delle lezioni li metteva in fila e sull’attenti. E non poteva che essere altrimenti.
Il tema era stato rintracciato dall’insegnante e guida turistica Stefania Castiglione che ha avviato la ricerca.

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Maria Clara Villa, dopo il diploma da magistrale e una specializzazione in psicologia degli adulti, aveva prestato servizio per un quarto di secolo alla caserma IV Novembre, maestra di centinaia di soldati. Quello alla De Amicis fu il suo primo incarico con i bambini.
«Non sapevo nulla di come si insegnava ai piccoli – ammette oggi – ho dovuto inventarmi una didattica a misura della mia fantasia».

Monza, 40 anni dopo l’ex alunna Elena Fossati ritrova la sua maestra: tutto è iniziato da un tema e un “galantuomo”
Elena Fossati

Elena Fossati, uno scricciolo di appena cinque anni e mezzo, iniziò la scuola elementare con quella maestra così particolare. Era il 1979.
«Ci portava in giardino a fare lezione – racconta oggi che di anni ne ha quarantasette ed è mamma di Giacomo – noi bambini ci sedevamo su dei ciocchi di legno, era bellissimo. Aveva anche creato un orto nel giardino della scuola. Era una donna piena di idee e le piaceva moltissimo farci lavorare con le mani. Fu lei a chiamarmi Helen, per distinguermi da un’altra mia compagna che si chiamava Elena come me».

E il nome di Helen, i suoi pensieri di bambina, i suoi disegni e i biglietti che scriveva alla maestra Maria Clara, vivono ancora nella casa dell’anziana insegnante, a pochi passi dalla chiesa di San Pio X. Un appartamento che racconta tutte le grandi passioni di una donna che ha vissuto tante vite: le foto dei suoi alunni soldati accanto ai temi di tutti i suoi allievi della De Amicis e poi gli spartiti musicali, le statue di gesso, legno e terracotta realizzate dopo la pensione, e le decine di onorificenze ricevute dal Comune di Monza, testimonianza di un impegno che è sempre andato oltre il semplice insegnamento.

«Ai miei alunni raccontavo quello che succedeva nel mondo. Quando uccisero Paolo Paoletti io portai i bambini a deporre dei fiori in via De Leyva e scrivemmo una lettera a Marco, il figlio del direttore dell’Icmesa. Ricordo quando chiesi al sindaco Cirillo di metterci un rubinetto dell’acqua nel giardino della scuola, per permetterci di innaffiare il nostro orto. E lui lo fece. Abbiamo scritto a Pertini e a papa Giovanni Paolo II quando gli spararono in piazza San Pietro».

Ancora si emoziona quando ripensa alla fanfara che arrivò alla De Amicis per la gioia dei bambini. In quell’occasione le fu conferito ad honorem il grado di colonnello. Era il 1984. «Ho un ricordo bellissimo della mia maestra, una donna piena di vita, sorridente e ricca di idee e fantasia. È stata una fortuna per noi averla come guida».

Di quel concorso del 1981 ricordano poco entrambe. «Il termine “galantuomo” lo usavano mio papà e mia nonna, apparteneva al mio vocabolario di bambina, ma di quel tema non mi ricordo molto», spiega l’ex alunna. Ma poco importa. Quelle righe di quarant’anni fa sono servite per riallacciare un legame che si era addormentato negli anni. Potere delle parole. Quelle belle.