Lissone, perché non bere i frutti di abete rosso e magari farci anche un risotto?

Si tratta si una delle sperimentazioni sull’utilizzo del cibo selvatico per l’alimentazione e la nutrizione umana portate avanti da Wood*ing, un laboratorio di ricerca fondato dalla lissonese Valeria Mosca.
Valeria Mosca al lavoro in laboratorio
Valeria Mosca al lavoro in laboratorio Alessandra Sala

Non solo annusare ma anche assaporare il gusto del sottobosco ora è possibile. Grazie al lavoro di ricerca della lissonese Valeria Mosca che ha fondato Wood*ing, un laboratorio di ricerca e sperimentazione sull’utilizzo del cibo selvatico per l’alimentazione e la nutrizione umana. Un esempio è una bibita realizzata con i frutti dell’abete rosso, utili anche in cucina per creare un risotto. Questi solo alcuni esempi di quanto, quel che è presente in natura può essere utilizzato anche in cucina.

Il lavoro di ricerca consente, inoltre, di aggiungere alla carta d’identità di una specie vegetale anche le sue proprietà organolettiche. Le attività di ricerca di Valeria Mosca hanno radici lontane, sono passati alcuni anni da quando ha dato vita al primo food lab, ha in attivo numerosi progetti e, da poche settimane, anche un ufficio e laboratorio nel cuore del parco di Monza, ospite del Creda per lo sviluppo di progetti che coinvolgono il mondo scolastico.

L’idea iniziale di Wood*ing è esplosa negli ultimi anni tanto che al lavoro di ricerca legato al settore gastronomico si sono affiancati progetti legati all’alimentazione e alla creazione di bibite, il progetto “last change for ice” con il centro glaciologico lombardo e le attività di consulenza e ricerca. «Le attività sono molteplici, mi aspettavo questa evoluzione perché ho voluto portare avanti- spiega Mosca – una visione in cui ho sempre creduto. Se continuiamo a crescere è per questo, anche i fallimenti fanno parte dell’evoluzione di un percorso».

In questi anni Valeria Mosca e Stefano Tosoni, referente dei progetti speciali, hanno classificato quante più specie presenti sul territorio italiano. «L’idea è legata al concetto di foraging conservativo- continua Tosoni – o meglio la nostra ricerca e raccolta è legata alle specie che mettono a rischio la bio diversità di un territorio per mantenere l’equilibrio di un determinato terreno».

Negli ultimi cinque anni il settore è esploso, il rigoroso lavoro di indagine scientifica è stato accreditato da tante esperienze, persino oltre oceano, una collaborazione con l’università Davis della California su un’erba presente sia in Italia che negli Usa. La collaborazione con Selvatiq, azienda che sposa gli stessi valori di Wood*ing ha permesso la creazione di bevande, alcoliche e non alcoliche, prodotte usando piante selvatiche, dalla bibita con l’abete rosso (che ricorda il sottobosco) a quella creata usando le foglie di fico.

«Il nostro lavoro è basato su un concetto fondamentale – continua Tosoni – la tutela ambientale. Per questo abbiamo dato disponibilità al progetto “Last change for ice” per cui presidieremo, per una settimana all’anno, il ghiacciaio di Fellaria in Alta Valmalenco che è in questi anni si sta fondendo, ovvero sciogliendo, un cataclisma»