La pizzeria Country di Seregno resta chiusa: «Impresa ad alta permeabilità mafiosa»

Così si è espresso il giudice del Consiglio di Stato rigettando il ricorso presentato dal proprietario del locale Santo Sculli per ottenere la riforma di una decisione del Tar risalente a giugno del 2018.
La pizzeria Country di Seregno
La pizzeria Country di Seregno

Il Consiglio di Stato ha scritto mercoledì scorso la parola definitiva in merito alla querelle giudiziaria che oppone la famiglia Sculli al Comune di Seregno ed alla Prefettura di Monza e Brianza. Proprio a metà settimana, il presidente della sezione terza Franco Frattini ha pronunciato la sentenza che ha rigettato il ricorso presentato da Santo Sculli per ottenere la riforma di una decisione del Tar, Tribunale amministrativo regionale, della Lombardia.

Quella che nel giugno del 2018, aveva bocciato la sua istanza per superare l’interdittiva antimafia con la quale la Prefettura di Monza e Brianza aveva disposto la chiusura della sua pizzeria Country di via Colzani, poi recepita e notificata dal Comune di Seregno, limitandosi a sospendere l’esecutività dell’ordinanza comunale di demolire l’ampliamento della sede dell’esercizio commerciale che poggia su suolo pubblico, considerato abusivo.

Il braccio di ferro tra le parti è scaturito dall’arresto nell’operazione Dedalo, avvenuto 2 anni fa, di uno dei figli dello storico proprietario Santo Sculli, Massimo Salvatore, tacciato di essere parte di un giro di sostanze stupefacenti e di associazione per delinquere di stampo mafioso, accusa poi caduta strada facendo. Frattini ha motivato il rigetto sottolineando che «davvero è poco credibile e, comunque, non degna di accoglimento la tesi dell’appellante, che il titolare della pizzeria non si fosse nemmeno accorto che questa fosse divenuta abituale luogo di ritrovo e punto di riferimento per l’associazione criminosa nel territorio monzese e brianzolo».

Inoltre, sempre secondo il giudice, «il quadro indiziario di intrecci personali, familiari ed economici, sin qui disegnato, raffigura una situazione, concreta ed attuale, di alta permeabilità mafiosa dell’impresa», escludendo che i precedenti di Sculli senior, lontani nel tempo, siano stati un motivo fondamentale nelle decisioni adottate.

In più, parlando dell’ampliamento, Frattini ha chiarito che Sculli «ha realizzato sine titulo ed in violazione di una specifica prescrizione della concessione di occupazione un’opera di fondazione in cemento che, oltre ad essere in sé un’opera edilizia abusiva, è senza dubbio atta ad ancorare stabilmente ed in modo duraturo il fabbricato al suolo ed a dare al fabbricato stesso un’utilità duratura nel tempo». Alla prima interdittiva ne sono poi seguite come è noto altre cinque, che hanno stoppato i tentativi di Sculli di far ripartire l’attività con licenze intestate a parenti o persone a lui vicine.