Giorno della memoria: «Il mio viaggio a ritroso nella storia del bisnonno deportato»

LEGGI Gli appuntamenti - La mostra a Monza - La storia di Tommaso Samiolo, che una mattina andando a scuola ha visto il cartello della via dedicata al bisnonno e ha deciso di ricostruire un pezzo di storia della sua famiglia: quella di Carlo, deportato a Gusen.
Il lager di Gusen dopo la liberazione
Il lager di Gusen dopo la liberazione

Tommaso se n’è accorto un giorno, quasi per caso, mentre andava a scuola in motorino. Al Mapelli di Monza. L’attenzione gli è caduta su quel cartello. Quello che indicava via Carlo Samiolo, una piccola traversa di viale Libertà. Carlo: il nome del suo bisnonno. Di quel parente di cui aveva sentito parlare, ma di cui conosceva troppo poco. Solo qualche dettaglio. Sapeva che era stato deportato e che era morto a Gusen, ma molte informazioni ancora mancavano. Sia a lui, sia alla famiglia: suo padre era rimasto orfano di entrambi i genitori troppo giovane per riuscire ad ascoltare i racconti su quel nonno arrestato nel 1944. E così è stato il pronipote a prendere in mano la situazione.


A decidere di percorrere a ritroso gli ultimi mesi di vita di Carlo. Tommaso nel 2012 frequentava la quinta del liceo di scienze applicate dell’istituto di via Parmenide. Nel mese di maggio il comune di Monza e la sezione locale dell’Aned, l’associazione nazionale che raduna gli ex deportati, organizzavano una visita a Mauthausen e a Gusen. Tommaso non si è lasciato sfuggire l’occasione ed è partito. In viaggio con lui Milena Bracesco, vice presidente di Aned Sesto San Giovanni e Monza, lei stessa figlio di un deportato, figlia di quell’Enrico Bracesco che ha visto finire i suoi giorni prigioniero nel castello di Hartheim, il centro di sperimentazione dei medici nazisti.

«Il mio bisnonno nacque a Guardia Veneta nel 1895. Il 7 marzo, per la precisione – racconta Tommaso – Aveva venti, venticinque anni al massimo quando, assieme alla moglie, si trasferì a Monza. Non siamo a conoscenza di date precise. Sappiamo però che da Monza tutti i giorni andava a lavorare alla Breda di Sesto San Giovanni. E lavorava lì quando è scoppiata la seconda guerra mondiale».

Il suo era un incarico di prestigio: era capo del personale. Così, quando l’ondata di scioperi del marzo 1944 si era abbattuta sulle fabbriche della zona, Carlo Samiolo era perfettamente a conoscenza del nome degli operai che avevano aderito alla richiesta di sollevazione che il Comitato di agitazione di Lombardia, Piemonte e Liguria aveva proclamato in tutta l’Italia occupata. Ma non aprì bocca quando le forze di polizia gli intimarono di riferire l’elenco degli aderenti. Fu arrestato con l’accusa di essere complice della resistenza e dei ribelli.
«E in effetti il bisnonno complice lo era davvero – prosegue Tommaso – Da tempo, assieme alla bisnonna, era parte attiva dell’organizzazione del “Soccorso rosso”: raccoglieva viveri e materiali per i partigiani rifugiati tra le nostre montagne».

Arrestato l’8 marzo 1944, Carlo venne portato prima in prigione a Milano, poi al campo di Fossoli. Deportato a Mauthausen, fu poi spostato: a Gusen raggiunse il capolinea del suo viaggio. Nel sottocampo “KL Gusen” Carlo riuscì a sopravvivere all’inverno e alle violenze naziste: non era scontato, aveva quasi cinquant’anni. Nell’aprile del 1945 sembrava che il peggio fosse passato. Ma non era così.

Carlo fu ucciso il 22 aprile con altri 630 prigionieri: i nazisti stavano compiendo il tentativo, disperato, di nascondere agli alleati che stavano inesorabilmente avanzando la verità su quel campo. L’avrebbero scoperta una manciata di giorni dopo, il 7 maggio.

«A Gusen, oggi, è rimasto il forno, circondato da mura – conclude il giovane – Lì, inaspettatamente, ho trovato una targa dedicata al mio bisnonno, e una sua fotografia. Non abbiamo idea di chi gli abbia voluto rendere omaggio».